“Che epoca terribile quella in cui
degli idioti governeranno dei ciechi.”
(William Shakespeare)
“Ci
si domanda quale sia il futuro del genere umano, il futuro di tutti
quei bambini che si vedono gridare, giocare - i volti così felici,
dolci, belli - qual è il loro futuro? Il futuro è ciò che noi siamo ora.
Storicamente è così da molte migliaia di anni – il vivere e il morire e
tutto il travaglio delle nostre esistenze. A quanto pare non si presta
molta attenzione al futuro. Alla televisione si vedono continui
spettacoli, dal mattino sino a tarda notte - a eccezione di uno o due
canali - ma sono molto brevi e non troppo seri.
S’intrattengono
i bambini. Tutta la pubblicità prolunga la sensazione d’essere
intrattenuti. E ciò, in pratica, sta accadendo in tutto il mondo. Quale
sarà il futuro di questi bambini? C’è l’intrattenimento dello sport – in
trenta, quarantamila seguono poche persone nel campo di gara e urlano
fino a diventare rauchi. E si va anche ad assistere a certe cerimonie
che si tengono in una grande cattedrale, a certi riti, e anche questa è
una forma di intrattenimento, solo che ciò viene definito santo,
religioso, pur restando, comunque, un intrattenimento – un’esperienza
sentimentale, romantica, un’impressione di religiosità.
Nell’osservare
tutto ciò in parti diverse del mondo, nell’osservare che la mente si
tiene occupata con il divertimento, con l’intrattenimento, con lo sport,
ci si deve inevitabilmente domandare, se si è in qualche modo
interessati: qual è il futuro? La stessa cosa in forme diverse? Una
molteplicità di divertimenti? Se siete, dunque, del tutto consapevoli di
ciò che vi sta accadendo, dovete riflettere sul modo in cui i mondi
dell’intrattenimento e dello sport attirano la vostra mente, dirigendo
la vostra vita.
Dove
sta portando tutto ciò? O forse la cosa non vi preoccupa affatto?
Probabilmente non vi importa del futuro. Probabilmente non ci avete
pensato o, se lo avete fatto, potreste dire che è troppo complesso,
troppo spaventoso, troppo pericoloso pensare agli anni a venire – non
alla vostra vecchiaia personale, ma al destino, se è lecito usare questa
parola, all’effetto del nostro attuale modo di vivere, pieno d’ogni
sorta di sensazioni e attività romantiche, emozionanti, sentimentali, e a
tutto il mondo dell’intrattenimento che interferisce sulla vostra
mente.
Se
siete minimamente consapevoli di tutto ciò, qual è il futuro del genere
umano? Come si diceva prima, il futuro è ciò che siamo ora. Se non c’è
un cambiamento - non un adattamento superficiale, un superficiale
conformarsi a un qualche modello politico, religioso o sociale, ma il
cambiamento che è ben più profondo e che esige la vostra attenzione, la
vostra responsabilità, il vostro affetto – se non c’è un cambiamento
fondamentale, allora il futuro è ciò che stiamo facendo, ogni giorno
della nostra vita, nel presente.
Cambiamento
è veramente una parola difficile. Cambiamento verso che cosa?
Cambiamento verso un altro modello? Verso un altro concetto? Verso un
altro sistema politico o religioso? Cambiamento da questo a quello?
Quello è sempre nel regno o nella sfera del "ciò che è". Il cambiamento
verso quello è proiettato dal pensiero, formulato da esso,
materialisticamente determinato. Si deve, dunque, indagare attentamente
su questa parola "cambiamento".
C’è
un cambiamento se c’è un motivo? C’è un cambiamento se c’è una
direzione particolare, uno scopo particolare, una conclusione che sembra
sensata, razionale? O forse una frase migliore è "la fine di ciò che
è". La fine, non il movimento di "ciò che è" verso "ciò che dovrebbe
essere". Quello non è cambiamento. Ma la fine, la cessazione, la – qual è
la parola giusta? Penso che "fine" sia una bella parola; atteniamoci,
dunque, a essa - la fine...
Ma
se la fine ha un motivo, uno scopo, se è materia di decisione, si
tratta, allora, solamente di cambiamento da questo a quello. La parola
"decisione" implica l’azione della volontà. "Farò questo"; "Non farò
quello". Quando il desiderio penetra nell’atto della fine, quel
desiderio diviene la causa di essa. Dove c’è una causa, c’è un motivo e,
così, non c’è affatto un’autentica fine. Il ventesimo secolo ha
conosciuto un’enorme quantità di cambiamenti, prodotti da due guerre
sconvolgenti; il materialismo dialettico e lo scetticismo circa le
credenze, le attività, i riti religiosi e via dicendo.
Senza
contare il mondo tecnologico, che ha determinato un gran numero di
cambiamenti, e ve ne saranno di ulteriori allorquando il computer si
svilupperà pienamente dal momento che si è appena ai suoi inizi. Allora,
quando subentrerà il computer, che ne sarà della nostra mente umana?
Questo è un problema diverso, in cui addentrarsi un’altra volta. Quando
subentra l’industria dell’intrattenimento, come sta gradualmente
avvenendo adesso, quando i giovani, gli studenti,i bambini sono
costantemente istigati al piacere, al capriccio, alla sensualità
romantica, le parole "freno" e "austerità" vengono respinte, senza
neanche darsene pensiero.
L’austerità
dei monaci, i samnyasin, che negano il mondo, che coprono i loro corpi
con qualche sorta di uniforme o solamente con uno straccio – questo
rifiuto del mondo materiale non è certamente austerità. Probabilmente
voi neanche darete ascolto a ciò, a quali siano le implicazioni
dell’austerità. Quando si viene educati fin dall’infanzia a divertirsi e
a sfuggire a se stessi mediante l’intrattenimento religioso o d’altro
tipo. E quando la maggior parte degli psicologi sostiene che si debba
esprimere tutto ciò che si sente e che qualsiasi forma di dissimulazione
o inibizione sia dannosa, perché porta a varie forme di nevrosi,
ovviamente si prende sempre più parte al mondo dello sport, del
divertimento, dell’intrattenimento, a tutto ciò che aiuta a sfuggire a
se stessi, a ciò che si è.
La
comprensione della natura di ciò che siete, senza alcun travisamento,
alcun pregiudizio, senza alcuna reazione a ciò che scoprite di essere, è
il principio dell’austerità. L’osservazione, la consapevolezza di ogni
pensiero, ogni sensazione, non per reprimerli, per controllarli, ma per
osservarli, come si osserva un uccello in volo, senza nessuno dei vostri
pregiudizi e travisamenti. Quell’osservazione cagiona uno straordinario
senso di austerità che va al di là di tutti i freni, di tutto il perder
tempo con se stessi e di tutta quest’idea del miglioramento e della
realizzazione di sé.
Tutto
ciò è veramente puerile. In questa osservazione c’è una grande libertà e
in quella libertà c’è il senso della dignità dell’austerità. Ma se
diceste tutto questo a un moderno gruppo di studenti o di bambini, essi
probabilmente guarderebbero fuori dalla finestra, annoiati, perché
questo mondo è volto al proprio perseguimento del piacere... Sembra che
l’uomo sia sempre fuggito da se stesso, da ciò che egli è, da dove sta
andando, da tutto ciò di cui si parla – l’universo, la nostra vita
quotidiana, il morire e il cominciare.
È
strano che non ci si renda mai conto che, per quanto si fugga da se
stessi, per quanto ci si smarrisca, consapevolmente, intenzionalmente o
inconsapevolmente, sottilmente, il conflitto, il piacere, il dolore, la
paura e via dicendo sono sempre là. In definitiva prevalgono. Potete
cercare di eliminarli, di respingerli intenzionalmente con un atto di
volontà, ma essi riaffiorano. E il piacere è uno dei fattori che
predominano, anch’esso ha gli stessi conflitti, lo stesso dolore, lo
stesso tedio.
La
noia del piacere e il cruccio fanno parte di questo tumulto della
nostra vita. Non puoi fuggire a ciò, amico mio. Non puoi sottrarti a
questo profondo, misterioso tumulto, salvo che tu non te ne dia
veramente pensiero; non solo pensare, ma vedere con attenzione accurata,
con assidua osservazione, l’intero movimento del pensiero e del sé.
Puoi dire che tutto ciò è troppo fastidioso, forse non necessario.
(Jiddu Krishnamurti)
fonte: http://lacompagniadeglierranti.blogspot.it/2016/05/qual-e-il-futuro-del-genere-umano.html
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