“Piangerai l’ora in cui piangi
che passerà troppo in fretta
come passano tutte le ore…”
(Guillaume Apollinaire)
Invece
di irritarci per le code, le sale d’aspetto, gli imbottigliamenti,
dirci che non c’è tempo perduto, ma solo tempo vissuto. Vivere è
un’opportunità che ci è stata data e un’esperienza che un giorno ci
verrà tolta. Invece di voler essere già altrove, dopo, in un altro
modo, cerchiamo di essere qui. Pienamente. In coda, nella sala
d’aspetto, d’ora in poi, respiro, sento quel che succede nel mio corpo.
Visto che non posso «fare» qualcosa, posso «essere»: essere lì, essere
quello che sono…
Posso
fare della mia consapevolezza qualcosa di diverso dall’irritarmi per
l’attesa (per esempio se le mie mail arrivano lentamente o se la mia
pagina Internet tarda a caricarsi). Certo l’impazienza degli occidentali
è stata un fattore di progresso (anche se…). Ma quei progressi sono
stati più veloci della nostra saggezza, e hanno finito per prevalere su
di noi, rendendoci schiavi. Liberiamoci dalle nostre impazienze inutili.
E conserviamo le altre, se ce ne resta qualcuna…
Quando
mangio, quando cucino, riordino, faccio lavoretti manuali, riparo… non
devo farlo dicendomi che potrei, invece, fare qualcosa di meglio, di più
importante, di più urgente. Può essere vero e, in questo caso, avrò il
tempo per rifletterci e decidere di organizzare la mia vita
diversamente. Ma, nel frattempo, è inutile che inquini il mio presente
con questo.
Mi
sento vivo. Vivo pienamente quello che sto facendo in questo momento:
cerco di ridurre lo spazio di queste sensazioni di fare le cose «in
attesa» di poter passare a qualcos’altro. Quando leggo a mio figlio la
storia della sera, anche se ho ancora del lavoro da fare, delle mail, e
non ho ancora cenato, torno a calarmi qui e ora.
(Christophe André, Quattro lezioni di pace interiore, TEA ed.)
fonte: http://lacompagniadeglierranti.blogspot.it/2017/05/non-ce-tempo-perduto.html
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