Lo
shock è arrivato prima del vertice del Gruppo dei Sette in Giappone con
le parole poco delicate di Shinzo Abe di protesta per lo stupro ed
omicidio di una donna ad Okinawa da parte di un contractor militare
degli Stati Uniti. Nel corso della conferenza stampa congiunta con il
presidente Barack Obama, il primo ministro giapponese ha detto con
franchezza insolita: “Sono profondamente risentito da tale crimine
egocentrico ed assolutamente spregevole”.
Il tono aspro ricordava un
sergente istruttore indirizzarsi ai marmittoni abbattuti nel campo di
addestramento. C’era un capitale politico da guadagnare offendendo un
presidente in cattive acque. Dal punto di vista machiavellico, il
crimine non poteva accadere in un momento più opportuno, scaricando
l’impopolare onere dello spostamento della base militare degli Stati
Uniti dal suo Partito Liberaldemocratico al groppone di Casa Bianca e
Pentagono.
Antiamericanismo Populista
Visibilmente imbarazzato, il presidente Barack Obama ha lottato per tenersi composto. In una società eccessivamente educata dove l’evasività è la norma, l’acuta accusa di Abe recava lo stereotipo degli statunitensi quali individualisti casinisti, maleducati e pretenziosi che disprezzano goffamente il senso giapponese del decoro e delle buone maniere. Il divario dei caratteri culturali non sarebbe maggiore tra i giapponesi il cui autocontrollo è rafforzato dal timore della vergogna, e gli statunitensi che temono solo il rischio di essere scoperti infrangere la legge.
Visibilmente imbarazzato, il presidente Barack Obama ha lottato per tenersi composto. In una società eccessivamente educata dove l’evasività è la norma, l’acuta accusa di Abe recava lo stereotipo degli statunitensi quali individualisti casinisti, maleducati e pretenziosi che disprezzano goffamente il senso giapponese del decoro e delle buone maniere. Il divario dei caratteri culturali non sarebbe maggiore tra i giapponesi il cui autocontrollo è rafforzato dal timore della vergogna, e gli statunitensi che temono solo il rischio di essere scoperti infrangere la legge.
Nei recessi più oscuri della mente giapponese, gli
statunitensi sono per natura criminosi dal disperato bisogno di avere
impartite moralità e civiltà. Lo stereotipo si basa principalmente sulle
raffigurazioni dei cittadini statunitensi nei manga quali sanguinari
gangster, militaristi assetati di potere, diplomatici arroganti o hen-na
gaijin (stranieri eccentrici ossessionati dalla cultura giapponese).
Una minoranza di giapponesi che ha amicizie nel mondo reale degli
statunitensi, potrebbe conoscerli meglio, ma raramente alza la voce in
loro difesa contro commenti offensivi, a causa del rischio di essere
derisi come zimbelli, apologeti e persino traditori. Tuttavia ogni
stereotipo si basa su un granello di verità, e la condotta statunitense
all’estero non li favorisce quali graditi visitatori in molti Paesi. La
scioccante reprimenda di Abe, che ha studiato a Stanford e lavorato a
New York, era ovviamente una manovra calcolata per avanzare nei sondaggi
quale leader coraggioso che può opporsi ai liberali buonisti
occidentali tracciando la via autonoma del Giappone.
Il risentimento per
un “crimine assolutamente spregevole” può essere percepito nel duplice
senso in riferimento alle imperdonabili atomiche su Hiroshima e
Nagasaki. Passando furbescamente la colpa della guerra su Washington.
Abe ha abilmente cooptato l’anti-americanismo dei partiti
dell’opposizione di sinistra e pacifista, insieme ai loro sostenitori
tra gli storici liberali degli Stati Uniti, citando banalità su pace ed
amicizia prima della visita di Obama a Hiroshima. Venendo a Hiroshima
senza alcuna intenzione di chiedere scusa, la Casa Bianca ha giocato
sulla visione revisionista di Abe della guerra del Pacifico:
– motivando il primo ministro ad evitare una visita di contraccambio a Pearl Harbor, preservando così intatta la visione revanscista del conflitto globale quale campagna giapponese per liberare i popoli oppressi dell’Asia ed altrove dai trattati ineguali e dalla discriminazione razziale imposti dal colonialismo occidentale; e
– giustificare la ripresa della sottile politica di “deterrenza” del Giappone, parola in codice per il programma di armi nucleari segreto, sospeso dal disastro di Fukushima.
Un crescente nazionalismo
La tirata di Abe, che rafforza il nazionalismo a peino spettro politico a grande vantaggio del suo partito, senza dubbio ha profondamente soddisfatto i suoi sostenitori nel movimento revanscista Nippon Kaigi (Conferenza del Giappone). Il blocco di destra che domina ideologicamente il Partito Liberaldemocratico (LDP) al governo e si fa strada alla Dieta rimuovendo l’articolo 9 della Costituzione del dopoguerra, che vieta la guerra come strumento politico dello Stato.
La tirata di Abe, che rafforza il nazionalismo a peino spettro politico a grande vantaggio del suo partito, senza dubbio ha profondamente soddisfatto i suoi sostenitori nel movimento revanscista Nippon Kaigi (Conferenza del Giappone). Il blocco di destra che domina ideologicamente il Partito Liberaldemocratico (LDP) al governo e si fa strada alla Dieta rimuovendo l’articolo 9 della Costituzione del dopoguerra, che vieta la guerra come strumento politico dello Stato.
Con
tutta la sua furia e grandeur, Abe non è un radicale di destra ottuso
con megafono e fascia col sol levante. Prima della carriera politica,
era un tecnocrate della Kobe Steel e poi lavorò presso l’ufficio
commerciale giapponese a New York. I suoi idoli sono il samurai
rivoluzionario Yoshida Shoin e suo nonno Nobusuke Kishi che lavorò al
Ministero delle munizioni durante la guerra.
Durante l’era dei trattati
iniqui, sotto il debole shogunato della prima metà del 19° secolo,
Yoshida sostenne la campagna per respingere le potenze straniere
importandone la tecnologia bellica. In entrambi i casi, come primo
ministro Abe ha seguito la strategia di Yoshida facendo pressioni
occulte sulle amministrazioni Bush e Obama per trasferire tecnologie
nucleari a duplice uso in Giappone per produrre testate. In contrasto
con Abe, la destra radicale, influenzata dal retaggio dello scrittore
nazionalista Yukio Mishima, mette maggiormente l’accento sui valori
spirituali shintoisti e il codice guerriero del bushido che sulle armi
avanzate.
Se non altro, il disprezzo della destra per gli statunitensi
quali codardi senza spina dorsale vale per aver sganciato le bombe
atomiche, piuttosto che affermare i loro principi sacrificando la vita
in battaglia. Nelle interviste per il mio ex-giornale, i portavoce della
destra espressero sfiducia e disagio verso i conservatori tradizionali
come l’ultimo Yasuhiro Nakasone, Kishi e Abe, per avere supplicato la
forza militare e la potenza finanziaria degli USA.
La questione della sovranità ad Ise
Il primo ministro conservatore è quindi vulnerabile alle pressioni non così sottili della Nippon Kaigi di destra e della sua cricca di ufficiali. Una delle prove di fedeltà richieste dalla destra è il culto al tempio Yasukuni, un memoriale per i morti in guerra tra cui i condannati per crimini di guerra dal tribunale di Tokyo. Yasukuni non è un sito antico, fu fondato nel 1869 per onorare i nazionalisti radicali che combatterono per la Restaurazione Meiji contro lo shogunato intimorito dall’occidente.
Il primo ministro conservatore è quindi vulnerabile alle pressioni non così sottili della Nippon Kaigi di destra e della sua cricca di ufficiali. Una delle prove di fedeltà richieste dalla destra è il culto al tempio Yasukuni, un memoriale per i morti in guerra tra cui i condannati per crimini di guerra dal tribunale di Tokyo. Yasukuni non è un sito antico, fu fondato nel 1869 per onorare i nazionalisti radicali che combatterono per la Restaurazione Meiji contro lo shogunato intimorito dall’occidente.
Il Gran Santuario di Ise, dedicato alla
patrona divina della famiglia imperiale, ha per la destra ancora
maggiore significato simbolico che non Yasukuni, quale fonte della
sovranità nazionale investita nel più longevo lignaggio reale esistente
al mondo. Apparentemente sito culturale, senza aspetti politici, Ise è
infatti identificato quale fonte della sanzione divina dell’imperatore a
monarca a pieno titolo supportato dai ministri e da un parlamento
docile, secondo la Costituzione Meiji che guidò il Giappone moderno fino
al 1945.
Al contrario, la Costituzione democratica del dopoguerra,
redatta sotto la supervisione di consulenti statunitensi, trasferisce la
sovranità al popolo giapponese, relegando così l’imperatore a mero
simbolo per la popolazione. Mentre le differenze terminologiche possono
sembrare piccole, un ritorno al vecchio modello costituzionale, come
auspicato dalla Nippon Kaigi, si tradurrebbe in una oligarchia di
ministri potenti che agisce sotto l’autorità dell’imperatore, che non
può essere vanificata dalla Dieta, né soggetta al controllo
giurisdizionale.
L’imperatore Akihito ha gentilmente indicato
opposizione alla guerra in linea di principio e sgomento per l’attività
della destra per la revisione costituzionale. I sostenitori della Nippon
Kaigi cautamente eludono lo scomodo attore celebrando la linea
imperiale, piuttosto che un individuo particolare, a tale massimo ruolo.
Mentre un imperatore ha la prerogativa di non agire da autorità
suprema, come avvenne durante l’antica pratica dei potenti imperatori in
pensione, i suoi fedeli sudditi di destra possono solo sperare e
pregare per un cambiamento nella sua mente o in un successore più
ricettivo. In un momento in cui l’opposizione parlamentare è divisa e
debole, la posizione dell’imperatore è d’importanza cruciale per la
futura direzione del Giappone.
Le sottili implicazioni di Ise quale sede
dei G-7 è completamente sfuggita ai capi ossessionati dalla politica
monetaria, trascinati in giro lungo il santuario come buoi trascinati
per i loro anelli nasali, in silenzio, fino al macello. Se i magnifici
sette erano trattenuti nella beata ignoranza su milioni di esseri umani
morti orribilmente in guerra e carestie, lo erano a causa di tali
sensibili aspetti del diritto costituzionale e del protocollo
ecclesiastico. Con ogni evidenza e senza una parola sulle discordie,
Shinzo Abe ha ottenuto l’approvazione alla revisione costituzionale da
parte dei presunti capi delle democrazie occidentali.
I conflitti nel rapporto bilaterale
Influenzata dai neoconservatori del Pentagono e dal fasullo film L’ultimo samurai, Washington accetta l’affondamento dell’articolo 9 in contropartita dei pagamenti giapponesi “della loro quota” dei costi di manutenzione delle basi degli Stati Uniti in Estremo Oriente. Il patto di sicurezza nippo-statunitense, che nel corso di sei decenni non è mai stato invocato per la difesa del territorio nazionale, è fondamentalmente un accordo in cui l’affitto viene pagato dal proprietario dell’immobile, un trattato disuguale quanto mai.
Influenzata dai neoconservatori del Pentagono e dal fasullo film L’ultimo samurai, Washington accetta l’affondamento dell’articolo 9 in contropartita dei pagamenti giapponesi “della loro quota” dei costi di manutenzione delle basi degli Stati Uniti in Estremo Oriente. Il patto di sicurezza nippo-statunitense, che nel corso di sei decenni non è mai stato invocato per la difesa del territorio nazionale, è fondamentalmente un accordo in cui l’affitto viene pagato dal proprietario dell’immobile, un trattato disuguale quanto mai.
Temporaneamente, le parti possono mantenere la facciata della difesa
collettiva nella grossolanamente gonfiata disputa marittima con la Cina
su dei piccoli isolotti. Oltre a ciò, all’orizzonte, tuttavia, i legami
del trattato diverranno tesi allargando le differenze tra gli interessi
nazionali del Giappone e quelli degli Stati Uniti.
Rafforzamento militare senza minacce di guerra
Termini attraenti come “partnership paritaria” e “sicurezza collettiva” sono utilizzati per descrivere l’espansione geografica delle operazioni delle forze di “auto-difesa” giapponesi. In realtà questi termini blandi significano che Washington consapevolmente permette che capacità offensive siano acquisite dai militari giapponesi. L’ultima volta che tali metodi illegali furono trovati accettabili fu alla fine degli anni ’30, quando i giapponesi ignorarono l’accordo navale di a Londra con un programma accelerato per costruire portaerei e sommergibili. Quel precedente, ovviamente, portò all’attacco a Pearl Harbor.
Termini attraenti come “partnership paritaria” e “sicurezza collettiva” sono utilizzati per descrivere l’espansione geografica delle operazioni delle forze di “auto-difesa” giapponesi. In realtà questi termini blandi significano che Washington consapevolmente permette che capacità offensive siano acquisite dai militari giapponesi. L’ultima volta che tali metodi illegali furono trovati accettabili fu alla fine degli anni ’30, quando i giapponesi ignorarono l’accordo navale di a Londra con un programma accelerato per costruire portaerei e sommergibili. Quel precedente, ovviamente, portò all’attacco a Pearl Harbor.
Un possibile
altro attacco a sorpresa è improbabile, anche se è considerato da certi
impenitenti esponenti della destra, come illustrato dal film
hollywoodiano Black Rain. Le tensioni tra le forze militari del
Giappone e degli Stati Uniti verrebbero deviate verso altre potenze del
Pacifico, come in passato, con l’aggressione giapponese, sostenuta
dagli Stati Uniti, a Taiwan, Corea, Cina e Russia. L’ostacolo principale
oggi sono le nazioni nella regione del Pacifico molto più preparate e
meglio attrezzate a fermare eventuali aggressioni giapponesi.
Un rapido
sguardo alla geopolitica mostra che il Giappone è circondato da potenze
militari:
– Sul fronte occidentale, la stretta relazione tra la Cina e le repubbliche coreane, unite dalla memoria storica del militarismo del periodo di guerra, è una formidabile barriera a qualsiasi riproduzione dell’avventurismo militare giapponese.
– A nord, l’intervento poco brillante contro l’Estremo Oriente russo nei primi anni ’20, la sconfitta nella battaglia tra corazzati con le forze sovietiche a Nomohan e le dure conseguenze in Siberia, alla fine della seconda guerra mondiale, sedano qualsiasi entusiasmo popolare per un’altra spedizione settentrionale.
– La via a sud è ostacolata dal rifiuto dell’offerta giapponese per costruire sottomarini di Canberra che opta per la co-produzione in Australia di quelli francesi. L’Australia, insieme alla Francia, è una potenza robusta nel Pacifico meridionale, dal ricordo indelebile della brutalità in guerra delle forze giapponesi. Il fallimento della Casa Bianca nel far passare l’affare sui sottomarini australiani, come promesso a Tokyo, è una delle ragioni per le parole livide di Abe verso Obama.
– Il Sud-Est asiatico è l’unica arena possibile dell’espansionismo militare. Il problema regionale per il Giappone è, ancora una volta, l’esperienza in guerra di molti Paesi del gruppo ASEAN che accettano la cooperazione nella difesa con i lontani Stati Uniti, ma che a lungo termine diffidano del dominio economico giapponese. Le nazioni dell’ASEAN, con i loro surplus commerciali, possono permettersi proprie spese militari e non dovranno affrontare alcuna prevedibile necessità dell’intervento giapponese.
– Verso est, il fattore incombente, che probabilmente limita le operazioni navali congiunte, è il crescente sentimento isolazionista e di supporto al protezionismo commerciale nell’elettorato statunitense. Donald Trump individua nell’industria giapponese un concorrente sleale, per la presenza obliqua di Toyota, Honda e Nissan nell’industria automobilistica degli Stati Uniti. La maggior parte degli statunitensi non percepisce alcun beneficio tangibile dal trattato di sicurezza e la chiusura delle basi tornerà ad essere un problema per i contribuenti.
Il programma di ri-militarizzazione del Giappone, di conseguenza,
subisce dei limiti prima ancora d’iniziare, un altro fallimento
dell’abenomics. Il grandioso programma per restaurare il Giappone a
potenza mondiale fallisce per inadeguatezza. La combinazione tra
contrazione demografica, stagnazione economica e crescente debito
pubblico cospirano riducendo l’influenza geopolitica e le capacità
strategiche di Tokyo. In risposta ai crescenti prestigio e potere
economico di Cina, ASEAN, Russia e possibilmente Corea riunificata,
l’alleanza della sicurezza USA-Giappone diventa utile quanto una quinta
ruota.
Gli statunitensi, gruppo di furbi sempre pragmatici e senza
principi e motivi convincenti per sacrificarsi, probabilmente si
rimangeranno le promesse al Giappone per migliori prospettive economiche
con le altre nazioni. L’abbandono spietato nel non più gradito Giappone
è un quadro fin troppo familiare, raffigurato nella Madama Butterfly di
Puccini, sia nella tragedia che nella farsa, dato che la storia
probabilmente si ripeterà al più presto.
Yoichi Shimatsu Katehon 30/05/2016
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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