“È la dose che fa il veleno.”
(Paracelso)
“Se
posso, vorrei parlare della fine del dolore, perché dolore, paura e ciò
che chiamiamo amore vanno sempre assieme. Se non comprendiamo la paura
non potremo comprendere il dolore, e non potremo conoscere quell’amore
in cui non c’è contrasto, non ci sono attriti. Mettere completamente
fine al dolore è estremamente difficile, perché in una forma o
nell’altra il dolore è sempre con noi. Per questo vorrei esaminare a
fondo il problema, ma le mie parole serviranno a ben poco se ognuno di
noi non esamina il problema dentro se stesso, senza essere d’accordo o
in disaccordo con me, ma osservando semplicemente la realtà dei fatti.
Se
ci riusciamo, nella realtà e non solo in teoria, forse riusciremo a
comprendere l’enormità del dolore, e quindi a mettere fine al dolore.
Attraverso i secoli, amore e dolore sono sempre andati mano nella mano,
prevalendo ora l’uno ora l’altro. Presto, quello stato che chiamiamo
amore svanisce, e ricadiamo nelle nostre gelosie, nelle nostre vanità,
nelle nostre paure, nelle nostre tristezze. Amore e dolore si sono
sempre dati battaglia; e, prima di approfondire come mettere fine al
dolore, penso che dobbiamo capire che cosa sia la passione.
Pochi
conoscono realmente la passione. Forse abbiamo conosciuto l’entusiasmo,
che significa essere preda di un’emozione riguardo a qualcosa. La
passione che conosciamo è sempre per qualcosa: per la musica, per la
pittura, per la letteratura, per il nostro paese, per una donna o per un
uomo. È sempre l’effetto di una causa. Quando vi innamorate, siete in
un forte stato emotivo che è l’effetto di una determinata causa, ma ciò
di cui voglio parlare è la passione senza una causa.
Si
tratta di essere appassionati a tutto, non a una cosa soltanto, mentre
in genere la nostra passione va a una persona o a una cosa specifica. La
ritengo una distinzione da considerare attentamente. Nella passione
priva di una causa c’è un’intensità che è libera dall’attaccamento ma se
la passione ha una causa c’è attaccamento, e l’attaccamento è l’inizio
del dolore. Tutti noi siamo attaccati: a una persona, al nostro paese, a
una credenza o un’idea, e quando l’oggetto del nostro attaccamento ci è
tolto o perde la sua presa, ci ritroviamo vuoti, manchevoli.
Allora
cerchiamo di riempire questo vuoto attaccandoci a qualcos’altro, che
diventa il nuovo oggetto della nostra passione. Osservate il vostro
cuore e la vostra mente. Io sono soltanto uno specchio in cui state
guardando voi stessi. Se non volete guardare, benissimo; ma se volete
guardare, guardatevi con attenzione, con intensità inesorabile - non
nella speranza di cancellare le vostre tristezze, le ansie o i sensi di
colpa, ma allo scopo di vedere come questo tipo di passione conduca
forzatamente al dolore.
Quando
ha una causa, la passione diventa lussuria. Se c’è passione per una
cosa specifica (una persona, un’idea, un appagamento qualunque), quella
passione genera contrasti, conflitti, lotte. Lottate per raggiungere e
conservare una determinata situazione, o per ricreare una situazione
ormai finita. Invece, la passione di cui sto parlando non genera mai
contrasto, conflitto. È assolutamente slegata da una causa, e quindi non
è un effetto. Ascoltate tranquillamente, non cercate di raggiungere
subito questa intensità, questa passione libera da cause.
Se
ascoltiamo con attenzione, con il gusto di un’attenzione non forzata
dalla disciplina, ma che deriva dal desiderio di conoscere, potremo
scoprire da soli che cosa sia questa passione. Abbiamo in noi ben poca
passione. Possiamo essere lussuriosi, bramare intensamente qualcosa,
possiamo desiderare ardentemente di fuggire da qualcos’altro, e tutto
ciò genera una certa intensità. Ma se non ci risvegliamo e se non
troviamo la strada verso il fuoco della passione priva di causa, non
potremo mai capire che cosa sia ciò che chiamiamo dolore.
Per
capire bisogna essere appassionati, bisogna avere l’intensità
dell’attenzione totale. Se la passione ha un oggetto specifico
(generando così contrasto e conflitto), la pura fiamma della passione
non può bruciare, ma questa pura fiamma della passione deve bruciare per
poter mettere fine al dolore, per scioglierlo completamente. Sappiamo
che il dolore è un prodotto, l’effetto di una causa.
Amo
qualcuno che non mi ama: ed ecco un motivo di dolore. Voglio
realizzarmi in una certa direzione, ma non ne ho le capacità; oppure ne
ho le capacità, ma una malattia o qualche altro ostacolo mi impedisce di
riuscirci: ecco un’altra causa di dolore. c’è il dolore di una mente
piccina, una mente in continuo conflitto con se stessa, che senza tregua
lotta, risistema, brancola, si conforma. c’è il dolore del conflitto
nei rapporti, e il dolore della perdita di una persona morta. Conosciamo
tutti queste forme di dolore, e tutte sono il prodotto di una causa.
Di
fatto non vogliamo affrontare la realtà del dolore: cerchiamo di
spiegarlo, di razionalizzarlo, ci afferriamo a un dogma, a una credenza
che ci rassicura, che ci offre un momentaneo conforto. Qualcuno si dà
alle droghe, altri all’alcool, altri alla preghiera - qualunque cosa pur
di alleviare l’intensità, lo strazio del dolore. Il dolore, e
l’inesauribile sforzo per sfuggirlo, è il destino di ognuno di noi.
Non
abbiamo mai pensato di mettere definitivamente fine al dolore, in modo
che la mente non sia mai più preda dell’autocommiserazione, delle
tenebre della disperazione. Poiché non riusciamo a mettere fine al
dolore, se siamo cristiani andiamo ad adorarlo nelle chiese sotto forma
dell’agonia di Cristo. Ma che andiamo in chiesa ad adorare il simbolo
del dolore, che cerchiamo di cancellarlo razionalizzandolo o di
dimenticarlo bevendoci sopra, è sempre la stessa cosa: stiamo scappando
dal fatto che soffriamo.
Non
sto parlando del dolore fisico, che la medicina moderna è in gran parte
in grado di sconfiggere. Sto parlando del dolore psicologico che
impedisce la chiarezza e la bellezza, che distrugge l’amore e la
compassione. È possibile mettere completamente fine a questo dolore?
Ritengo che la possibilità di mettere fine al dolore sia collegata
all’intensità della passione. Ci può essere passione solo dove c’è
totale rinuncia a se stessi.
Non
possiamo essere appassionati se non c’è la totale assenza di ciò che
chiamiamo pensiero. Ciò che chiamiamo pensiero è la risposta della
memoria, e dove scatta questa reazione condizionata non ci può essere
passione né intensità. c’è intensità solo dove c’è totale assenza di io.
Conoscete quel senso di bellezza che non riguarda solo l’aspetto bello o
brutto. Non che una montagna non sia bella, o che non ci siano edifici
brutti, ma esiste una bellezza che non è l’opposto della bruttezza,
esiste un amore che non è Il contrario dell’odio.
La
rinuncia a se stessi di cui parlo è uno stato di bellezza privo di
causa, e perciò è passione. È possibile andare al di là di ciò che è il
risultato di una causa? Cercate di dare tutta la vostra attenzione, di
cogliere il senso senza fermarvi alle parole. In genere, la maggior
parte di noi non fa altro che reagire continuamente: la reazione è
diventata il modello della nostra vita. Rispondiamo al dolore con una
reazione. Rispondiamo cercando una spiegazione al dolore, oppure
cercando una via di fuga, ma il nostro dolore non finisce.
Il
dolore può terminare solo se ne affrontiamo la realtà, quando ne
comprendiamo la causa e l’effetto, e li superiamo. Il tentativo di
liberarci dal dolore attraverso una pratica specifica, o un’idea
costruita appositamente, o consegnandoci alle tante vie di fuga, non
risveglia nella mente la straordinaria bellezza, la vitalità,
l’intensità di questa passione che include il dolore e lo trascende.
Che
cos’è il dolore? Di fronte a questa domanda, come rispondete? La vostra
mente va all’immediata ricerca della causa del dolore, e questo
desiderio di spiegazione risveglia il ricordo dei dolori provati in
passato. Ritornate sempre al passato o correte verso il futuro nel
tentativo di spiegare la causa di quell’effetto che chiamiamo dolore. Ma
ritengo che occorra andare al di là di tutto ciò.
Conosciamo
molto bene le cause del dolore: povertà, malattia, frustrazione, non
essere amati, e così via. Ma, anche spiegandone le cause, il dolore non
cessa. Non abbiamo toccato le straordinarie profondità e lo
straordinario significato del dolore più di quanto non abbiamo toccato
quello stato che chiamiamo amore. Dolore e amore sono collegati, e per
capire l’amore occorre sentire l’immensità del dolore.
Gli
antichi hanno parlato della fine del dolore e hanno tracciato un
modello di vita che dovrebbe condurvi. Molti l’hanno seguito. Monaci
orientali e occidentali hanno provato a metterlo in pratica, con l’unico
risultato di indurirsi. La loro mente e il loro cuore si sono chiusi.
Vivono dietro le mura del loro pensiero, oppure dietro mura reali di
pietre e mattoni, e non mi pare che le abbiano valicate per sentire
l’immensità di questa cosa che chiamiamo dolore.
Per
mettere fine al dolore bisogna affrontare la realtà della propria
solitudine, dei propri attaccamenti, del nostro meschino desiderio di
fama, della nostra fame di amore; occorre liberarci dalle preoccupazioni
egoistiche e dalla puerilità dell’autocommiserazione. Quando si sia
superato tutto ciò, mettendo forse fine al nostro dolore personale,
resta ancora l’immenso dolore collettivo, il dolore del mondo.
Possiamo
mettere fine al nostro dolore affrontando dentro di noi la realtà del
dolore e la sua causa; e una mente che vuole essere libera deve
assolutamente farlo. Resta ancora il dolore dell’enorme ignoranza
presente nel mondo, non la mancanza di nozioni o di conoscenze
libresche, ma l’ignoranza dell’uomo su se stesso. La non conoscenza di
sé è l’essenza dell’ignoranza, la quale causa l’immensità del dolore del
mondo. Ma che cos’è realmente il dolore?
Capite
certamente che non ci sono parole per spiegare il dolore, come non ci
sono parole per descrivere l’amore. L’amore non è attaccamento, l’amore
non è il contrario dell’odio, l’amore non è gelosia. E anche quando si
sia messo fine alla gelosia, all’invidia, all’attaccamento, ai conflitti
e alle angosce che sperimentiamo pensando di amare, quando tutto ciò è
giunto a fine, rimane la domanda: «Che cos’é l’amore?» rimane la
domanda: «Che cos’è il dolore?»
Scoprirete
che cos’è l’amore, e che cos’è il dolore, solo quando la vostra mente
si sarà sbarazzata di tutte le spiegazioni e avrà smesso di immaginare,
di cercare una causa, di compiacersi delle parole e di rivangare nella
memoria i dolori e i piaceri del passato. La mente deve essere
totalmente silenziosa, senza parole, immagini o idee.
(Jiddu Krishnamurti)
fonte: http://lacompagniadeglierranti.blogspot.it/2017/04/puo-finire-il-dolore.html
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