giovedì 4 maggio 2017

Quando la realtà ti provoca


Uso il mondo come un esercizio continuo. 

Vedo le reazioni delle persone alle cose che accadono e ascolto i loro riverberi dentro di me, sento le loro voci diventare la mia, e le loro guerre diventare qualcosa di personale, che mi riguarda. Mi sento spinto a dire, a reagire, a esprimere un'opinione, a fare, a schierarmi. Lo sento. Ascolto il vento delle emozioni che mi trascina. 

Ogni tanto appare qualcuno là fuori che rappresenta qualcosa di me che non vedevo da tempo, un vecchio nemico, il bisogno di approvazione. Credevo di esserne fuori ormai... non ne ero già fuori? Sì?? Pensavi di aver finito di lavorare? Pensavi di essere arrivato chissà dove? Ma non lo sai che la sfocatura ha milioni di strati? Non lo hai ancora capito che ogni strato della sfocatura è uno strato di auto-inganno e che ogni volta penserai di avercela fatta e di esserne uscito? 

Già... ogni volta che ti sembra di essere arrivato in cima appare qualcuno che ti dà un calcio e ti butta giù, e questo è quello che fa la sfocatura. E' l'allenatore. E' il caporale esigente. E ogni volta si rilascia, si trasforma e si risale. E' il mio lavoro. E così è il mondo là fuori, inerziale, mosso dall'inconscio e dalle sfocature individuali e collettive. Così è l'esterno, una marionetta i cui fili invisibili stanno nel non visto, nel non curato aspetto di ciascuno di noi.
 
Quindi mi ricordo la prospettiva. Faccio nuovamente attenzione a quello che ho imparato, a quello che mi hanno insegnato e quello che ho scoperto da me. Niente è un caso. Vedo cadere questa nobile intenzione tutte le volte che reagisco all'esterno e credo che ci sia qualcosa da dire, da fare, da capire, un azione 'giusta' da intraprendere e una 'sbagliata' da evitare. Ma poi ricordo la prospettiva. Non c'è giusto o sbagliato, ma azioni ispirate e altre che non lo sono. C'è lo spirito, e c'è la mente. C'è l'amore, o la paura. 

Mi ricordo allora che l'ispirazione sorge dal silenzio interiore, dal non schierarsi,  dal non dire, dal contenere, dall'atteggiamento Yin, e mi ricordo che esiste una modalità Yang della sfocatura che è quella di mantenere la tua attenzione all'esterno, dove ogni pensiero ed ogni parola può potenzialmente portarti via quintali di energia. 

Mi ricordo che l'ispirazione può esserci solo nella centratura, nella calma mentale, nell'assenza di emozioni trascinanti e nella piena intensità. Oggi mi basta ricordarlo per accendere il mio campo yin di attenzione e accedere alla quiete dietro i pensieri e le emozioni, ed ogni giorno che passa è più facile. Ma non è sempre così, specialmente quelle volte in cui la mia sfocatura produce delusione, rammarico, separazione, distanza dagli altri. 

Non è semplice voler essere pace quando sembra che qualcuno ti stia attaccando, e pensi di aver ragione, e di dover dire, fare qualcosa, nel pieno della coesione coi tuoi stati alterati. Ma uso anche questo come esercizio, quando riesco a ricordarmi di me. Vedo la mia voglia di avere ragione, la mia voglia di dimostrare che io sono superiore agli altri. Vedo quella posizione nella quale io ho scoperto una verità, io sto avanti e gli altri stanno indietro. Vedo me su un trono che giudico tutti gli altri, che stanno sbagliando! E ascolto tutte le emozioni e i pensieri che questo mi provoca. Rimango fermo. 

Un campo di attenzione focalizzata, perpetua, progressiva, amplificata. Ad un tratto avviene lo spostamento. Non sono più quello che recita quella pantomima, ma sono qualcos'altro, una vastità dietro i fenomeni, gentile e accogliente. Sono quella pienezza. Sono quell'assenza di mete. Sono il senza scopo. 

Sono la totale inutilità di ogni comprensione intellettuale e la caduta di ogni opinione personale. Sono pace. Dura qualche ora, quella pace così profonda, e poi qualcuno dice qualcosa là fuori e sento di nuovo nascere la perturbazione della rabbia, dell'identificazione, del voler avere ragione. 

La realtà non la smette mai di provocarti, ecco perché non si finisce mai di lavorare.


Andrea Panatta


fonte: http://maghierranti.blogspot.it/2016/04/quando-la-realta-ti-provoca.html

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