Qualcuno esprime un'opinione contraria alla tua, o nega la verità di
qualcosa che hai affermato. E immediatamente devi dire la tua.
Qualcuno scrive qualcosa su facebook, senti che per te non è così, che
non sei d'accordo, e immediatamente passi al commento compulsivo.
Qualcuno fa qualcosa che ti fa arrabbiare, ti irrigidisce, e tu passi in
modalità reattiva nell'arco di un nanosecondo, perdendo qualsiasi punto
di riferimento della tua centratura.
Il mondo ti provoca e tu reagisci immediatamente.
Non hai il tempo di
pensare, di staccarti da ciò che accade e di lasciar fluire.
Non hai
tempo di processare la reazione automatica e farla divenire risposta
cosciente perché, fino ad ora, nessuno ti ci aveva fatto fare caso.
E
così il mondo continua a provocarti, attraverso istigazioni, seduzioni,
ammiccamenti, lusinghe, e tu sei come una barca alla deriva, sballottata
dal salire e scendere delle onde emotive, senza alcun controllo.
Ci
sono mille principii che difendi a spada tratta e che credi essere i
capisaldi della tua 'personalità' i quali, ugualmente, funzionano da
attivatori della reazione automatica.
Ciò in cui credi. Le giuste cause.
La giusta indignazione. La difesa dei tuoi valori e dei tuoi diritti.
La tua storia personale che abbracci e coccoli come un prezioso cimelio,
i tuoi principii spirituali.
Potresti arrivare a immaginare
di intraprendere un qualche tipo di percorso, iniziando la tua trafila
di libri, pratiche, meditazioni, mantra, mudra, asana, preghiere, riti,
incensini, e chi più ne ha più ne metta.
Ti attivi e ti sbatti a favore e
in difesa di tutto ciò, e questo ti porta via energia, tempo, risorse, e
non sei un grammo più felice di quando hai iniziato a percorrere questa
lunga e tortuosa strada.
E poi arriva qualcuno, dall'altra parte della
barricata che ti fa osservare che semplicemente puoi lasciar andare
tutto questo ed essere pace, ti dice che c'è un altro modo di vivere,
che puoi sperimentare una realtà priva di conflitto, sofferenza, priva
di nemici e di proprietà da difendere.
Ma devi abbandonare tutto questo.
E tu recalcitri. Tu vuoi difendere il tuo terreno, le tue preziosissime
opinioni. Vuoi difendere la tua rabbia, il tuo rancore, la tua giusta
indignazione, combattere le tue sante guerre e percorrere le tue vie nel
conflitto, nella separazione.
E allora quel qualcuno dall'altra parte
ti pone quella domanda apparentemente banale che inizia a scardinare la
tua cosiddetta personalità a cui sei così tanto affezionato: "Chi sei
tu? Chi è colui che combatte queste grandi cause?"
E tu sarai tentato di
dire 'IO', con la fierezza di un campione, tronfio delle sue conquiste.
Quel qualcuno allora suggerirebbe guardandoti dritto negli occhi "... e
se ti dicessi che quell'io non esiste ed è soltanto un'accozzaglia di
forme pensiero, costrutti psichici e aggregati senza alcun significato?
E
se ti dicessi che per avere una vita priva di sofferenza è proprio
quell'io che devi disgregare e abbandonare?"
Tu allora diresti che l'Io
serve, che senza l'io non si può vivere, che si diventa matti senza, e
che sono favole quelle che affermano che si possa vivere senza il senso
dell'io.
E ancora una volta sarebbe una reazione emotiva automatica a
parlare e non 'tu'.
Devi farlo, perché senti un senso di minaccia,
perché qualcosa inizia a muoversi e a reagire dentro di te proprio nel
momento esatto in cui ti si dice che puoi abbandonare
quell'identificazione.
Ti arrabbieresti, sbraiteresti e ti gireresti
dall'altra parte sconsolato perché "sta roba spirituale so' tutte
cazzate" e, almeno fino alla prossima possibilità che ti sarà offerta (e
saranno infinite, tranquillo), il tizio dall'altra parte della
barricata ti guarderà allontanarti in una nuvola di polvere, dicendo fra
sé e sé "prima o poi lo capirà, diamogli tempo" e poi scomparirà,
tornando da dove è venuto.
Andrea Panatta
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