Nello sviluppo spirituale e psichico di una persona il più grosso freno è rappresentato dal bagaglio della propria storia personale, e intendo con questo non tanto i fatti che si sono succeduti nella nostra time-line, quanto piuttosto il come noi abbiamo interpretato e reagito a tali fatti.
Queste sono le 'memorie' di cui si discute in ho'oponopono e che cerchiamo di cancellare, e sono il materiale di lavoro su cui il mago errante in fieri deve basare tutte le sue ricerche o esperimenti.
Quando parliamo di ricerca spirituale, crescita interiore e sviluppo psichico, sono in molti a essere convinti del fatto che occorra andare in un 'centro' o da qualche 'esperto' per imparare complesse tecniche e meditazioni di ogni tipo con le quali esercitarsi ogni giorno per anni nel tentativo di raggiungere un presunto livello di elevazione spirituale.
Sono ancora molti quelli che sono convinti di fare lavoro su di sè meditando ore e ore, senza poi preoccuparsi di lavorare sul proprio carattere e senza cercare di portare nella vita quotidiana quello che sperimentano durante le meditazioni.
La piaga di una certa spiritualità moderna è stata quella di allontanare gli uomini dal proprio vissuto quotidiano bollandolo come illusorio, e di portarli a detestare cose come l'ego o la materialità, tutti ingredienti necessari per un lavoro di crescita interiore. Io sono convinto che non si possa uscire dal mondo senza prima esserne completamente parte.
Sono convinto che lavorare su di sè sia possibile per un essere umano solo nella quotidianità, nelle sfide, nella vita yang a cui siamo sottoposti, perchè se ci siamo incarnati qui ed ora in questo momento\nazione\pianeta un motivo c'è e non credo che sia per fuggire la realtà o il nostro ego bollandoli come errori, illusioni, mali.
Credo che l'ego sia necessario viverlo in maniera estremamente consapevole per poterne uscire, e credo che negarlo, rifiutarlo, o intavolare lunghe discussioni su cosa sia ego o cosa non lo sia secondo gli insegnamenti di qualche presunto maestro, sia solo una ennesima attività proprio di quell'ego che cerchiamo di abbattere.
Questo non fa che rinforzarlo secondo i principii universali. Invece esiste un sistema più funzionale che è anche un essenziale punto di partenza dello sviluppo interiore ed è la matrice dalla quale possiamo partire per sviluppare la nostra vita spirituale oltre che fisica. Parlo di amare ciò che è. Ciò che c'è in questo momento qualunque cosa sia, bella o brutta, dentro di me o fuori di me io cercherò di amarla.
Quando non riuscirò e laddove io riesca ad individuare sentimenti o sensazioni fisiche di rifiuto e negazione, lì avrò trovato ill materiale col quale lavorare e lì proprio lì e non ai piedi di qualche guru, dovrò applicare le mie 'conoscenze' finchè non sarò in pace totale con quella cosa qualunque essa sia.
Sento già le voci dei molti che obietteranno che i loro problemi sono troppo grandi per essere trasformati in questo modo. Ciononostante io credo fermamente che questo, o le varianti di questo, siano gli unici metodi in grado di darci potere oltre che elevazione.
Tutti i motivi e le ragioni per le quali non riusciamo a essere in pace con un aspetto della nostra realtà sono le barriere che impediscono il libero fluire dell'energia che porterebbe quello stesso problema alla sua naturale soluzione o scomparsa, e i motivi per i quali resistiamo all'amare quell'aspetto di noi o della nostra realtà sono quasi sempre paura della crescita e del cambiamento, camuffati da tante altre cose che riteniamo giuste o importanti.
Il Corso in Miracoli attesta che non sono mai turbato per il motivo che credo io, e non posso che dargli ragione. Amare ciò che è significa non giudicare, accettare incondizionatamente, abbracciare, donarsi e vivere quella situazione per quanto brutta o dolorosa ci possa sembrare, poichè la realtà del momento è tutto ciò che abbiamo.
Mi sono però reso conto che molti occidentali quando abbracciano queste idee a volte si chiedono "sì, bello, e poi?". Abbiamo bisogno di un fine, di uno scopo. Io non credo più alla ricerca 'senza scopo', non credo all'assenza di un punto d'arrivo. Credo invece che per evolverci dobbiamo necessariamente avere dei punti d'arrivo, anche se ideali magari, degli obiettivi, che si possano evolvere con noi indefinitamente che possano cambiare col cambiare di noi stessi.
Dunque qual è l'obiettivo di tutto ciò? Trasformare e amare ciò che c'è ci porterà a controllare in larga misura le nostre vite. Ci porterà a smettere di soffrire e ci porterà più vicini alla nostra natura, a ciò che realmente siamo e ci darà la possibilità di vedere l'interconnessione fra esterno ed interno.
Smettere di reagire al 'male' ci porterà a smettere di voler avere ragione ma ad essere immensamente felici, e ci porterà a smettere ci cercare sette, guru, e scuole da cui dipendere e a cui affidare il nostro potere.
Questo accadrà perchè l'energia, che prima investivamo a tenere su le nostre battaglie col reale verrà riassorbita e potrà finalmente essere usata per rendere più forti i nostri pensieri e i nostri scopi.
Andrea Panatta
fonte: http://quantum73.blogspot.it/2010/01/amare-cio-che-e.html
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