Una fuga tempestiva dell’intelligence degli Stati Uniti sembra aver
minato l’asse saudita nel dannoso scontro con il Qatar. Quindi,
l’intelligence statunitense è stata costretta a pesare e sbrogliare la
grave crisi del Golfo, dati gli interessi strategici statunitensi nella
regione. L’intervento statunitense sembra per ora aver funzionato.
Questa settimana il blocco Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrein e
Egitto compiva una drastica ritirata riguardo le precedenti richieste
draconiane al piccolo Stato gasifero del Golfo Persico del Qatar,
secondo Associated Press e New York Times. La ritirata
avveniva pochi giorni dopo i rapporti sui media degli Stati Uniti che
sostenevano il Qatar nella disputa.
Il notiziario NBC citava fonti
d’intelligence statunitensi per corroborare un articolo del Washington
Post secondo cui il Qatar era vittima della propaganda degli Emirati
Arabi Uniti. In altre parole, i media statunitensi amplificavano le
agenzie d’intelligence statunitensi nelle manovre sulla crisi del Golfo.
“Le false notizie volte a pregiudicare le relazioni del Qatar con gli Stati Uniti hanno svolto un ruolo importante nella divisione diplomatica tra la piccola nazione del Golfo e i suoi vicini, affermano i funzionari statunitensi e del governo del Qatar”,
riferiva NBC.
Notevole, come notato in una precedenza qui, come l’attribuzione di
hackeraggio e disinformazione sul Golfo da parte di intelligence e media
degli USA contraddicesse le precedenti notizie pubblicate dalla CNN.
Il
mese scorso, CNN esaltò una relazione “esclusiva”, citando fonti
d’intelligence statunitensi che accusavano la Russia per la crisi del
Golfo. Evidentemente, tali rivendicazioni statunitensi contro la Russia
sono false. C’è la buona ragione di credere che la nuova versione
dell’hackeraggio nel Golfo incentrata sugli EAU sia credibile.
Questo lo
dicono i qatarioti da sempre. Cioè, che la loro agenzia stampa
ufficiale fu vittima del discredito di Emirati Arabi Uniti e Arabia
Saudita, con l’obiettivo d’invocare il blocco sul Paese, incentrato
sulle misere rivalità tra gli Stati arabi del Golfo, principalmente tra
il regno saudita ricco di petrolio e lo Stato qatariota ricco di gas.
L’hackeraggio dell’agenzia di stampa del Qatar ha riguardato false
affermazioni apparentemente fatte dal governante del Qatar, Shayq Tamim
bin Hamad al-Thani, in cui lodava l’Iran come “potenza islamica”;
dichiarazione insignificante nei regni arabi dominati da sunniti. Questo
il 24 maggio. In pochi giorni, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Bahrayn
ed Egitto ruppero i rapporti diplomatici e commerciali con il Qatar,
accusandolo di sostenere il terrorismo.
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump svolse un ruolo inusuale nel provocare la crisi del Golfo.
Il suo primo sostegno all’Arabia
Saudita e la sua censura unilaterale del Qatar indubbiamente
incoraggiarono Riyadh e partner ad inasprire il blocco. Tali richieste
al Qatar includevano il versamento di compensi ai vicini del Golfo per
danni presumibilmente causati dal terrorismo e la chiusura del
notiziario al-Jazeera di Doha. Il Qatar ignorò la scadenza e
affermò che non avrebbe fatto concessioni.
A quel punto, le teste più
fredde di Washington si resero conto che Trump si era infilato nel Golfo
come un toro in un negozio di porcellane e il suo intervento
sconsiderato sconvolgeva l’equilibrio strategico statunitense nella
regione petrolifera. I qatarioti scoprirono che, a causa
dell’impulsività di Trump, il blocco dell’Arabia Saudita si era
sovraesposto nell’ambizione di colpirli.
Sapevano che gli Stati Uniti
non potevano permettersi una divisione tra gli alleati arabi, con
l’implicazione che tale scisma possa rafforzare l’Iran e minare il
sistema globale del petrodollaro. Il segretario di Stato degli USA Rex
Tillerson cercò di rimediare al sostegno sconsiderato di Trump ai
sauditi, arrivando a definire le richieste saudite al Qatar
“irrealistiche”.
Le fughe dell’intelligence sui maggiori media
statunitensi di questa settimana, sostengono le affermazioni del Qatar
di essere vittima del discredito del campo saudita (EAU), avendo
l’effetto di ammorbidire l’imperiosa posizione di quest’ultimo. L’Arabia
Saudita e gli altri indicavano di aver ritirato le 13 richieste
draconiane. Ora vi sono solo sei richieste, vaghe al punto che si
potrebbero firmare. Questa è una spettacolare ritirata.
Soprattutto, le
precedenti richieste di riparazioni finanziarie al Qatar e della
chiusura di al-Jazeera sono state abbandonate. Il New York Times ha descritto gli sviluppi con termini anodici come “passo che potrebbe aprire la strada a una prima risoluzione della crisi”.
Un resoconto più accurato affermerebbe che il campo saudita ha
capitolato sull’intransigenza verso il Qatar. E le fughe
dell’intelligence statunitense presso gli obbedienti media statunitensi
hanno accelerato tale capitolazione.
Gli interessi strategici statunitensi erano semplicemente troppo alti perché Washington rischiasse il prolungamento della crisi del Golfo. L’intervento spiacevole di Trump, inizialmente a sostegno dei sauditi, minacciò di stravolgere il Golfo. Sottomettere Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, svelando chi aveva diffuso disinformazione sull’hackeraggio sul Qatar, è stato il modo migliore per gli Stati Uniti di stringere i ranghi.
La drammatica ritirata dell’asse saudita di
questa settimana, dopo le fughe dell’intelligence statunitense sui
media, è la prova che Washington ha richiamato i clienti arabi. E
altrettanto importante è il modo con cui intelligence e media degli
Stati Uniti hanno ritenuto opportuno smantellare i precedenti tentativi
d’infangare la Russia con false notizie sul Golfo.
Finian Cunnignham SCF 20.07.2017
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
https://aurorasito.wordpress.com/2017/07/20/lintelligence-usa-sabota-il-blocco-saudita-per-risolvere-la-crisi-del-golfo/
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