mercoledì 5 luglio 2017

Guerra in Siria: l’Iran traccia la linea rossa per gli Usa


La guerra in Siria è allo snodo finale e gli Usa accampano ogni pretesto, anche sfacciatamente bugiardo, per attaccare l’Asse della Resistenza tentando di ritardare una vittoria che è ormai scritta.

Nei giorni scorsi Washington ha dichiarato d’essere pronta a colpire l’Esercito siriano e i suoi alleati nel caso di uso di armi chimiche, ritenuto imminente dal Pentagono; e che sia il preannuncio di un possibile attacco lo afferma la Cnn, secondo la quale le unità dell’Us Navy nel Mediterraneo Orientale sono in attesa di un ordine della Casa Bianca per colpire.
Immediata è stata la reazione del ministro degli Esteri russo Lavrov, che ha considerato pericolosa la posizione Usa, anche in considerazione del fatto che “ribelli” e terroristi dispongono di armi chimiche ed è ovvio che, trovandosi in estrema difficoltà, potrebbero facilmente usarle per spianare la strada all’ennesimo intervento americano contro Damasco.
Tuttavia, a parte l’intervento del Cremlino, è stato l’Iran a rispondere con estrema durezza al preannuncio dell’ennesima provocazione, tracciando quella che può essere definita una “linea rossa” per gli Usa, il cui superamento avrebbe conseguenze incalcolabili, facendo degenerare la guerra in Siria in uno scontro di portata inimmaginabile.
A lanciare l’ammonimento è stato il Segretario del Consiglio Supremo per la Sicurezza Nazionale, l’ammiraglio Alì Shamkhani, che in un linguaggio assai chiaro ha espresso due concetti: per prima cosa ha messo in guardia gli Usa da avventate mosse unilaterali, senza un calcolo delle conseguenze che stavolta sarebbero incalcolabili; inoltre, con riferimento all’attacco Usa alla base aerea di Sharyat dell’aprile scorso, ha ricordato che è stata proprio Washington ad opporsi ad un’inchiesta internazionale sull’uso di armi chimiche a Khan Shaykhun, pretesto usato per il lancio dei Tomahawk, e l’ha invitata a rivolgersi all’Opac, con sede all’Aja, per ispezionare i siti di stoccaggio sospetti.
Con le sue dichiarazioni Shamkhani ha rigettato il solito meccanismo caro allo Zio Sam, ovvero una narrazione di comodo dei fatti subito supportata dai media occidentali e del Golfo che ne fanno la “verità” a prescindere, buona per giustificare ogni aggressione. Ma a parte questo, ha tracciato una “linea rossa” in base alla quale un’ulteriore aggressione degli Usa nei confronti di Damasco e dei suoi alleati scatenerebbe conseguenze catastrofiche; un fatto inedito che rispecchia la mutata situazione sui campi della guerra in Siria e i nuovi equilibri che sono ormai emersi in Medio Oriente.
Shamkhani non è un funzionario qualunque: è un ex capo della Marina dei Pasdaran, ex capo della Marina iraniana ed è stato Ministro della Difesa per otto anni; un personaggio di assoluto spicco nella dirigenza politico-militare iraniana. Il suo posto di Segretario del Consiglio Supremo per la Sicurezza Nazionale lo pone al centro dell’impostazione strategica della politica nazionale ed ha il ruolo di negoziatore per tutta la politica del nucleare iraniano. Se a tutto ciò s’aggiunge la completa stima della Guida Suprema Khamenei ci si rende conto che si tratta di uno dei leader iraniani più influenti, e che le sue parole, soprattutto su temi militari, rispecchiano il pensiero di Teheran.
Dietro quello che è un altolà gettato in faccia a Washington, c’è la crescita geopolitica dell’Iran nel Medio Oriente allargato e nell’Asia Centrale, che ha avuto nella guerra in Siria e nella crisi irachena la sua più evidente consacrazione. Dopo anni di lotte, Teheran si è ormai posta al centro della Mezzaluna Sciita che dall’Iran giunge fino al Libano, saldando quell’Asse della Resistenza che sta ottenendo il riposizionamento di molti Stati e mutando profondamente gli equilibri dell’area.
I tempi dell’isolamento della Repubblica Islamica sono ormai lontani, con buona pace di Arabia Saudita, Israele, Amministrazione Trump e delle loro politiche demenziali che tentano di trovare uno sbocco proprio nella guerra in Siria. Il fatto è che, nella fase finale di quel conflitto, e per come sono ormai evolute le cose, ogni mossa avventuristica sobillata dal Golfo e messa in atto da Washington rischia ormai di avere conseguenze inimmaginabili. Esattamente come ammonito da Shamkhani.
di Salvo Ardizzone

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