La
Lucania è una regione del Sud Italia. Si chiama Lucania, ma anche
Basilicata, che è poi il nome “ammnistrativo”. È una regione, come tutta
l’Italia del resto, ricca di paesaggi unici, di un patrimonio culturale
invidiabile, di una varietà di risorse agro-alimentari, di una storia
ricca e lontana nel tempo. Ma è anche ricca di altre risorse. Infatti,
la Lucania è una regione confinata a ospitare: pozzi petroliferi in
off-shore(aka Texas d’Italia), un mega inceneritore sotto inchiesta per
sversamenti di reflui tossici e nocivi (Fenice della francese EDF),
impianti chimici come la Liquichimica Lucana aperta e chiusa negli anni
60 e ora al centro di indagini per una discarica enorme quanto abusiva
di fosfogessi (radio e polonio su tutti) altamente radioattivi (Sito di
Interesse Nazionale a Tito Scalo, Pz), di lavorazione dell’amianto, di
impianti siderurgici alle porte del capoluogo di regione con emissioni
pericolose e fuori norma, centrali a carbone come quella dell’Enel nel
Mercure…
La Lucania è anche terra di misteri o, più semplicemente, di segreti. Di quale Stato?
Nella notte tra il 28 e il 29 luglio scorsi – 3:00 am – un convoglio di mezzi e uomini delle forze dell’ordine, dei militari, di pronto intervento e soccorso ha scortato un veicolo speciale contenente uranio arricchito 235 dal deposito ITREC nella Trisaia di Rotondella (Matera, Sud Italia) all’aeroporto militare di Gioia del Colle (Bari, Sud Italia).
Due giornalisti freelance – Ivano Farina e
Nicola Piccenna – hanno filmato l’evento. Erano a una carreggiata di
distanza dall’ingresso del deposito nucleare lucano. La notizia è uscita
il giorno successivo, squarciando ancora una volta il velo di silenzio
che aleggia intorno ai depositi nucleari italiani. Rotondella ospita
dalla fine degli anni sessanta-inizio settanta 64 barre di uranio
trasportate da Elk River (USA). Ed è da allora che sono custodite.
Intanto, il centro gestito dall’ENEA, ha svolto più di un’operazione di
trattamento di materiale radioattivo. Scorie (rifiuti) e nucleare
attivo. Come l’uranio arricchito che è uscito super-scortato circa due
settimane fa.
Non essendoci comunicati ufficiali in
proposito, si sono fatte diverse ipotesi. Una riguardava la tanto
agognata restituzione delle 64 barre di Elk River agli USA. Forse in
ossequio agli accordi stipulati nel 2012 al summit di Seoul a cui hanno
partecipato diverse nazioni, tra cui – naturalmente – Italia e USA.
Purtroppo non si trattava delle barre di Elk River. No, era uranio
arricchito.
Le note del governo italiano sono state tardive e lasciate per lo più in mano all’agenzia governativa che si occupa del trattamento e del condizionamento e smaltimento di materiale nucleare – SOGIN. Questi, hanno emesso un comunicato stampa che parlava di generico materiale reso agli USA. Si è poi appurato trattarsi di uranio arricchito.
Intanto, né il Viminale né altri organi preposti alla salvaguardia/protezione e salute collettiva hanno fornito spiegazioni doverose. L’unica nota immediata è stata quella del Ministro dell’Ambiente – Orlando – che ha chiesto fosse fatto il controllo doveroso sull’itinerario oggetto del trasferimento del materiale radioattivo.
I sindaci delle città e dei paesi
interessati non erano stati allertati dal Ministero dell’Interno, il cui
viceministro è il sen. Filippo Bubbico, lucano ed ex presidente della
Regione Basilicata.
Comprensibilmente, la preoccupazione è salita ai massimi livelli. Vieppiù in un periodo come quello estivo, in cui la costa jonica è meta di moltissimi turisti. Infatti, il tragitto del trasferimento dall’ITREC all’aeroporto militare è corso su una striscia d’asfalto, la numero 106, Strada Statale Jonica. Lì vicino sono i templi della Magna Grecia, tanto quanto altre testimonianze delle civiltà che in passato hanno trovato ospitalità nella piana metapontina e lì sono proliferate, arricchendo la storia locale e quella nazionale. Altresì, in quelle zone vi sono numerose lavorazioni agro-industriali che hanno fatto guadagnare all’area l’appellativo di California del Sud, fornendo non solo i mercati italiani, ma anche quelli esteri. Per esempio, basti pensare alle piantagioni di fragole molto apprezzate in Germania. Almeno fino ai tempi della crisi attuale, momento in cui anche le eccellenze alimentari fanno fatica a trovare mercati adeguati. Insomma zone ricche di cultura, economia agroalimentare e turismo. Ma anche “arricchite” dall’uranio!
Di conseguenza, il 2 agosto scorso è
stato convocato il “tavolo della trasparenza”, un incontro con
istituzioni, amministrazioni, comitati, associazioni e parti in causa
voluto all’indomani della celebre rivolta di Scanzano Jonico (Matera)
del 2003. In quell’anno, proprio quando era Presidente della Regione
Filippo Bubbico, la Sogin – e quindi il governo italiano, visto che è
una S.p.A. interamente posseduta dal Ministero delle Finanze –
individuarono in alcune saliere il sito ideale per depositare e
interrare fusti di scorie radioattive. Le popolazioni lucane insorsero,
dando vita a una manifestazione di grandi proporzioni – più di 100.000
persone – se si considera che la Basilicata conta poco meno di 600.000
abitanti.
Il tavolo della trasparenza convocato,
anche dopo anni di insistenze da parte delle associazioni – in
particolare la OLA e No Scorie Trisaia, molto attive nel contrastare
l’attività secretata del centro nucleare lucano – ha visto la
partecipazione dell’uscente presidente della regione Basilicata Vito de
Filippo, gli assessori regionali Martorano e Pittella (fratello del
vicario alla vice-presidenza del parlamento europeo di Stasburgo), i
rappresentanti di Sogin, dell’ISPRA, dell’ARPAB, i sindaci e comitati e
associazioni. E uno dei giornalisti che hanno prodotto il filmato che
riprende il trasferimento all’ingresso dell’ITREC: Ivano Farina. Costui,
in quella sede, ha saputo che è stata aperta un’inchiesta che dovrà
appurare da dove si è originata la fuga di notizie che ha dato loro la
possibilità di fare le riprese.
Assenti: i dicasteri dell’Interno,
dell’Ambiente, della Difesa – visto che c’è stato impiego di personale
militare italiano – dello Sviluppo Economico, dell’Agricoltura; il
Prefetto di Matera; l’Ambasciatore USA in Italia.
Le chiacchiere prodotte in quella sede
non hanno aggiunto niente che non si sapesse già. Anzi, hanno deluso
profondamente, perché sembrato il solito tavolo per “tranquillizzare”
gli interessati. E forse anche una piccola passerella per l’uscente
presidente della Regione Basilicata – papabile al Ministero del Turismo –
e per chi è in procinto di ricandidarsi in vista delle prossime
elezioni regionali del prossimo novembre, come Martorano e Pittella.
In buona sostanza, il tavolo della
trasparenza non ha prodotto nulla. Né un documento. Né un protocollo di
intesa per far luce sui “misteri” del nucleare lucano. Nessuna nota o
comunicato ufficiale da parte del governo degli Usa. Nessun articolo da
parte della stampa estera. Né una spiegazione chiara e precisa dei fatti
che sono avvenuti nella notte tra il 28 e il 29 luglio scorsi.
Il comunicato della OLA che segue vuol
essere un esempio dei moltissimi interrogativi che attanagliano la testa
dei lucani, ma anche di tutti gli italiani che hanno a che fare con il
nucleare.
Il centro della Trisaia è un sito di interesse militare?
La Ola, Organizzazione lucana
ambientalista, in merito all incontro del Tavolo della Trasparenza del
giorno 2 agosto scorso per fare luce sul recente trasferimento di
materiale radioattivo dal deposito ITREC di Rotondella (MT) destinato al
rimpatrio negli USA (proprietari di tale materiale) con sosta
all’aeroporto militare di Gioia del Colle (BA), denuncia l’assenza al
Tavolo della Trasparenza convocato dal presidente della Regione
Basilicata, Vito De Filippo, dei rappresentanti dei Ministeri dell’
Interno, dell’Ambiente, della Salute e dello Sviluppo Economico, nonchè
dei responsabili della sicurezza pubblica coinvolti dell’operazione di
trasferimento dei materiali radioattivi (prefettura, organi polizia,
militari).
La Regione Basilicata – denuncia la Ola –
non può rimanere passiva di fronte all’atteggiamento governativo che ha
imposto ed intende continuare ad imporre il segreto di stato ed anche
quello militare su questa e su altre possibili vicende che riguardano il
centro della Trisaia di Rotondella di cui si ignora il futuro.
La Regione Basilicata deve pertanto
esigere da Sogin SpA un cronoprogramma relativo alla messa in sicurezza
del sito della Trisaia, con l’indicazione dettagliata dei materiali che a
vario titolo si intendono movimentare da e per il centro della Trisaia
con i lavori realizzati e ancora da realizzare presso il centro. Al
tavolo della trasparenza non è infatti emerso con chiarezza quale debba
essere il ruolo della Sogin SpA. Per statuto societario, Sogin SpA è
interememte partecipata dallo Stato e più precisamente dal Ministero
dell’Economia e delle Finanze. La Sogin SpA detiene il 60% di Nucleo SpA
ex Nucleco SpA (il 40% restante in mano a ENEA). Tutto questo, al di là
di facili quanto intuitive ricadute di opportunità etiche quanto
strategiche nell’avere una società di capitali quotata in borsa che deve
condizionare, processare, contenere, de commissionare, stivare,
trasferire – quindi: trattare – materiale nucleare, lascia aperto un
grosso interrogativo: perché al tavolo della trasparenza Sogin – che è
lo Stato, ma è anche una Spa?
Non è per la Ola accettabile quindi che
la Sogin SpA si sia seduta al Tavolo della Trasparenza del giorno 2
Agosto scorso a Potenza, “scrollando le spalle” e parlando solo di mera
esecuzione, quando essa ha invece dirette responsabilità sulle decisioni
relative al decomissioning. Non è accettabile che il governo diserti
gli incontri sulla trasparenza, ritenendo di dover affidare alla SpA il
ruolo di “esecutore” pubblico su aspetti delicati che spettano alle
istituzioni centrali e regionali.
La Ola ricorda che stiamo parlando di un operazione svolta sotto segreto di stato e forse anche sotto segreto militare. Infatti, il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 aprile 2008 (Governo Prodi) individuava i “criteri per l’individuazione delle notizie, delle informazioni, dei documenti, degli atti, delle attività, delle cose e dei luoghi suscettibili di essere segreto di Stato”. Un Decreto questo che sottrae competenze ordinariamente svolte dalle ASL e dai Vigili del Fuoco e le assegna ad “Uffici competenti” funzioni nei luoghi coperti da segreto di Stato.
La Trisaia – chiede la OLA – è diventato un sito di interesse militare?
Nel 2009 la Corte costituzionale con la
pronuncia 106/2009 sancì che “l’individuazione degli atti, dei fatti,
delle notizie che possono compromettere la sicurezza dello stato e che
devono rimanere segreti” costituisce il risultato di una valutazione
“ampiamente discrezionale”.L’esercizio del potere di secretazione
sarebbe quindi assoggettato al solo Parlamento, “sede normale di
controllo nel merito delle più alte e più gravi decisioni
dell’esecutivo”, attraverso il Comitato parlamentare per la sicurezza
della Repubblica (Copasir, già Copaco). Ciò è stato fatto?
La Ola chiede se il Parlamento Italiano
sia stato messo al corrente di questa operazione e nel caso lo fosse il
Copasir, in cui vi sono anche rappresentanti del M5S oltre che il lucano
Roberto Speranza (PD), sia a conoscenza della movimentazione e se la
stessa sia coperta anche da segreto militare a conferma del grado di
pericolosità dei materiali tenuti presso il centro di Rotondella senza
che si siano effettuati controlli sui rischi per la salute dei
residenti.
La Ola denuncia in proposito la mancanza
di un verbale del Tavolo della Trasparenza del 2 agosto scorso che
confermi tutto quanto dichiarato in sede di dibattito. L’assenza di
questo verbale sottoscritto dalle parti, vanifica il ruolo stesso del
Tavolo della Trasparenza, trasformandolo in una passerella tra esponenti
politici regionali e Sogin SpA, con i sindaci, i comitati e le
associazioni presenti costretti a stringere tra le mani un bel nulla.
La Ola chiede quindi con urgenza la
riconvocazione del Tavolo della Trasparenza in uno dei comuni della
costa jonica lucana così come già richiesto dal sindaco di Policoro.
Tale incontro va preparato con l’obiettivo di fissare i punti del
cronoprogramma da richiedere a Sogin SpA. Esso deve basarsi su
documentazione concreta da richiedere a Sogin SpA, dalla quale si
evincano tempi e le modalità per la restituzione delle barre di Elk
River agli USA. Il documento redatto da Sogin SpA va inoltrato – secondo
la Ola – prioritariamente, per competenza, alle stituzioni ed i
dicasteri interessati, con una informativa trasparente sui quantitativi
effettivamente presenti c/o depositi di
stoccaggio/condizionamento/processa mento/decommissionamento degli
stessi con lo stato dei lavori presso il centro della Trisaia.
La roadmap completa e dettagliata sul
decommissioning del nucleare lucano deve individuare inoltre la
perimetratura e protocolli di sicurezza adottati e da adottare, gli enti
coinvolti (abbiamo appreso che l’Arpab Basilicata non sarebbe nemmeno
stata informata della movimentazione del materiale radioattivo del 29
luglio scorso) con un piano di monitoraggio dello stato di sicurezza e
di salute delle popolazioni interessate.
Rinunciare a ciò significa soccombere
alle logiche impositive del Governo che non ha mai rinunciato a
realizzare il deposito unico delle scorie radioattive italiane in
Basilicata.
Bisogna ricordare che un Procuratore della Repubblica Italiana – Nicola Maria Pace, scomparso di recente – era impegnato in un’inchiesta coperta da segreto sullo stato dei materiali radioattivi e sui numerosi incidenti occorsi alle infrastrutture e agli impianti di custodia e condizionamento all’ITREC di Rotondella.
Il nucleare lucano è un affare di Stato.
Dello Stato italiano e di quello statunitense in particolare. O è un
affare militare? O è un affare e basta, visto che la Sogin è una società
per azioni?
Destano non poche preoccupazioni la leggerezza con cui viene gestito il nucleare italiano – e quello lucano in particolare – in una nazione il cui il popolo nel 1987 (e in replica nel 2011) ha detto di No al Nucleare attraverso referendum.
Riferimenti e approfondimenti:
http://www.karakteria.org/
http://andreaspartaco.wordpress.com/
http://www.indipendentelucano.it/
http://www.olambientalista.it/
Il centro di Trisaia di Rotondella e il traffico dei rifiuti tossici verso Medio Oriente e Somalia
L’uranio, il cinghiale e la zanzara [1/3]
L’uranio, il cinghiale e la zanzara [2/3]
L’uranio, il cinghiale e la zanzara [3/3]
di Antonella Bruno e Maurizio Camerini
Cameraman: Paolo DErcole
Musiche: TerraGnora, Nafsi Afrika, Renè Aubry
di Antonella Bruno e Maurizio Camerini
Cameraman: Paolo DErcole
Musiche: TerraGnora, Nafsi Afrika, Renè Aubry
Le vicende dell'impianto ITREC di
ritrattamento di combustibile nucleare della Trisaia di Rotondella,
Basilicata (dalla costruzione ai giorni nostri). Il racconto della
vicenda del deposito unico di scorie radioattive a Scanzano Jonico.
Basilicata.
L'intreccio tra lo sfruttamento del territorio in Basilicata, la vicenda
dei rifiuti radioattivi in Somalia e le organizzazioni criminali.
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