Nel giugno scorso sono stati arrestati in
Spagna e Francia i componenti di una gang specializzata nel tratta di
esseri umani. Colti in flagrante mentre erano impegnati a trasportare
cittadini cinesi in Europa e in America, sono stati catturati in
un’operazione congiunta di polizia 75 trafficanti, 24 in Francia e 49 in
Spagna; gli altri due, considerati i capi dell’organizzazione, sono
stati condotti in carcere a Barcellona, secondo il comunicato riportato
dalle autorità locali. Secondo fonti vicine alle forze dell’ordine, gli
immigrati irregolari pagavano tra i 40.000 e 50.000 euro per lasciare il
proprio paese e raggiungere gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Spagna,
la Francia, l’Italia, la Grecia, l’Irlanda e la Turchia. Una volta
abbandonata la propria terra, affascinati dalle promesse di un avvenire
migliore, le vittime della tratta venivano costrette a prostituirsi o a
lavorare in nero come schiavi in fabbriche abusive.
L’indagine iniziò circa due anni fa e per motivi di sicurezza è rimasta riservata fino ad oggi. In base a quanto riportato dalla CNN,
l’organizzazione delinquenziale era ben congeniata e strutturata
efficacemente, divisa in cellule indipendenti al fine di celare le
diverse manovre ed evitare l’arresto sistematico dei suoi membri.
Commissionavano la produzione di passaporti falsi, in genere prodotti in
Cina e recanti le più disparate nazionalità asiatiche, e attraverso una
rete di fidati collaboratori presenti negli aeroporti di differenti
località estere gestivano in sicurezza i vari spostamenti: quando si
rendevano conto che le forze di sicurezza pattugliavano un certo
aeroporto, immediatamente cambiavano la destinazione dei clandestini,
indirizzandoli in un’altra città per uno sbarco più tranquillo. Una
volta che questo era avvenuto, per sfuggire a un’eventuale detenzione, i
collaboratori prendevano il primo aereo per la Cina o la Malesia, dove
vi rimanevano in attesa di istruzioni per un nuovo viaggio.
Da e verso la Cina. Il
mercato della tratta di esseri umani ha accresciuto il suo volume di
affari in Cina, un paese che è al contempo fonte e destinazione dei
flussi di immigrati irregolari. Come riferisce il sito no-trafficking.org, sviluppato dalla UNIAP (United Nations Inter-Agency Project on Human Trafficking),
circa 600.000 lavoratori, in maggioranza uomini, si recano all’estero:
un dato, rilevato dal ministero del Lavoro di Pechino, che non
rispecchia fedelmente la realtà, dal momento che non considera gli
espatri irregolari, circa il 90% sul totale delle persone che lasciano
il paese. È da qui che i gruppi criminali traggono fonti di investimento
e la materia prima per finanziare e organizzare il traffico di persone.
Ad aumentare è anche il numero di donne e
bambine cinesi vendute ad acquirenti stranieri come di ragazze
asiatiche (tra i 14 e i 20 anni) costrette a spostarsi in Cina per
motivi diversi. Come suggeriscono gli analisti, alla base del traffico
transnazionale vi sono lo sfruttamento sessuale, il matrimonio forzato,
l’adozione illegale e il lavoro nero. In particolare, il Dipartimento di
Stato americano in un rapporto del 2012 (2012 Trafficking in Persons Report)
segnala che la politica di limitazione delle nascite congiunta ad una
culturale preferenza per i figli maschi hanno generato un distorto
rapporto fra i sessi, che ha finito per alimentare l’importazione
illegale di donne e bambine straniere, alcune destinate al matrimonio
con i cinesi adulti, altre allo schiavismo sessuale nelle strade. Gli
strumenti utilizzati per garantire la tratta sono l’inganno, il
rapimento, la violenza fisica, l’abuso di potere o il trarre profitto da
una posizione di vulnerabilità della vittima. Tra i principali canali
clandestini diretti verso la Cina, significativi sono quelli che hanno
il punto d’origine in Vietnam, Russia, penisola coreana e Birmania.
Come risulta dal rapporto di quest’anno (2013 Trafficking in Persons Report),
i passi compiuti dal governo di Pechino per arginare il problema sono
stati modesti: nonostante le promesse di collaborare con attivisti dei
diritti umani e di aumentare la consapevolezza pubblica su tali
questioni, la Cina figura ancora fra i paesi in cui il fenomeno
criminale ha assunto le forme e dimensioni peggiori.
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