“L’uomo civile ha scambiato una parte
delle sue possibilità di felicità
con un po’ di sicurezza.”
(Sigmund Freud)
Il 09 gennaio 2017
è morto, all’età di 91 anni, il sociologo Zygmunt Bauman uno dei più
grandi pensatori moderni. La caratteristica che colpiva in Bauman era,
non solo la lucidità con cui quel "grande vecchio" ha saputo
identificare e analizzare le contraddizioni della modernità, ma anche
l’affezione di molti giovani che accorrevano in gran numero alle sue
conferenze e la concentrazione con cui lo ascoltavano. Questa affezione,
senza dubbio, era dovuta alla percezione che i giovani avevano di
venire aiutati a capire la causa dei loro dubbi e delle loro incertezze e
paure; cosa che certamente avveniva da parte del grande studioso.
A
Bauman dobbiamo l’analisi della “vita liquido-moderna che viene vissuta
come un campo di battaglia” e il fatto che ci abbia aiutato a capire
che la sicurezza che proviene da un equilibrio di forze, come tutti gli
equilibri, non dura molto. Basta abbassare la guardia - scrive Bauman in
“Paura liquida”- che si corre il rischio di venire esclusi, perché la
modernità prevede solo vittorie o sconfitte. La nostra vita è diventata
talmente “liquida” che vediamo solo forme di sicurezza estremamente
“volatili.”
In
“La società dell’incertezza” Bauman scrive che, quando Sigmund Freud,
nel 1929 scrisse “Il disagio della civiltà” tracciò il primo esempio di
analisi della civiltà moderna. Freud disse che la civiltà si costruisce
solo al prezzo della repressione delle pulsioni dei singoli uomini a
scapito del vantaggio della comunità. Per questo motivo la civiltà è
sempre il prodotto dall’auto-compressione delle pulsioni dei singoli
uomini. La vita civile ci propone un’unica scelta: il soddisfacimento
delle nostre pulsioni e la conseguente affermazione della totale libertà
da ogni vincolo, oppure la repressione delle nostre pulsioni al fine di
godere di una maggiore sicurezza sociale.
Freud
disse che non abbiamo altre alternative, perché la libertà e la
sicurezza sono su due versanti opposti e inconciliabili. Il principio di
piacere conseguente al libero soddisfacimento delle pulsioni primarie
viene sempre contrapposto al principio di realtà che è alla base della
costruzione dell’ordine sociale. La civiltà e la civilizzazione
impongono il grande sacrificio implicito in questo fatto, e non può
essere diverso. Bauman dice che è necessario partire da questo aspetto
messo così bene in evidenza da Freud e che, pur agendo con il massimo
impegno, esistono delle “difficoltà che sono intrinseche alla natura
della civiltà” e da cui non si può prescindere.
Questa
vecchia regola vale ancora oggi solo che, attualmente, i guadagni e le
perdite per gli uomini e per le donne post-moderne si vengono sempre più
a restringere, per cui siamo costretti a rinunciare a buona parte della
nostra libertà senza vedere aumentare la parte di sicurezza che ne
dovrebbe conseguire. In qualche modo, nel mondo odierno, la perdita
sembra essere diventata maggiore del guadagno che ci aspettiamo di
ricevere - dice Bauman - e “il ritorno della certezza moderna non sembra
imminente.”
A
livello politico vediamo che i totalitarismi rinforzano il vantaggio
del sacrificio della libertà individuale in cambio dell’emancipazione
della responsabilità personale. L’individuo è stato messo al sicuro
dall'assumere responsabilità e viene affrancato dall'onere delle
conseguenze delle sue azioni, perciò si conquista “il diritto di mettere
a riposo la propria coscienza”. Il punto, nota acutamente Bauman, è che
questa possibilità di scelta non ci viene data, perché il mondo moderno
così “diversificato e polifonico” registra il crescente “aumento
dell’incertezza.”
La
ormai nota e ripetuta “scomparsa del lavoro” non fa che aumentare il
divario tra chi può e chi è stretto nell’impossibilità: il divario tra i
ricchi e i poveri. La povertà vede gli esclusi dal banchetto del
consumismo e la massa di esclusi sta aumentando progressivamente.
Vediamo una crescente “criminalizzazione” della povertà che è
enfatizzata dalla riduzione del welfare state, perché i sussidi sociali
vengono tagliati sempre più. Di conseguenza, gli esclusi vengono
sospinti dietro “muri invisibili” dice Bauman, perciò anche i teorici
del liberalismo iniziano a credere che la garanzia di un reddito minimo
che sappia garantire una sussistenza dignitosa sia un obiettivo liberal.
Il diffondersi di troppi disagiati non farebbe che aumentare
l’insicurezza dei più agiati.
Una
vera politica postmoderna che aspiri a creare una comunità politica
vitale ha bisogno di venire guidata, dice Bauman, dal triplice principio
di: Libertà, Differenza e Solidarietà. Ma, mentre i primi due principi
possono essere ancora perseguiti individualmente nel mondo postmoderno,
quello che in questo mondo non si può avere senza l'appoggio da parte
dello stato sociale è la solidarietà. E senza la solidarietà nessuna
libertà sarà mai sicura, perché le differenze esasperate e le politiche
dell’identità portano all’interiorizzazione dell’oppressione, perciò
l’unica alternativa è diventare consapevoli che stiamo correndo questi
rischi.
L’identità
è il problema centrale dell'epoca moderna, perché quando qualcuno cerca
di cambiare identità ad ogni costo, rischia di perdere il controllo. Il
problema vero è sia quello di costruire una identità, ma è anche quello
di mantenerla solida e stabile: questo problema riguarda tutta la
post-modernità. Un’identità si può creare solo quando si è certi della
propria appartenenza, e cioè quando siamo in grado di inserirci nella
varietà di stili cognitivi e di comportamenti che vengono accettati
socialmente, e anche quando le persone che ci circondano accettano
questo nostro posizionamento ritenendolo giusto e socialmente
appropriato.
L’identità
è entrata nella pratica moderna già come un compito individuale, scrive
Bauman. I concetti di costruzione dell’identità e quello di cultura
cioè l’ammissione che l’individuo sia incapace o incompetente a
costruirsela individualmente perciò l'ammissione della necessità di una
crescita collettiva e dell’importanza di maestri e di guide esperti e
competenti pronti ad aiutarci, non possono che essere due aspetti
collegati e interconnessi. L’identità sradicata che si nasconde dietro
la libertà di scelta individuale - dice Bauman - e la conseguente
dipendenza da un maestro oppure da una guida esperta sono sempre
collegate.
La
figura dell’uomo come pellegrino sulla terra è un’immagine antica,
infatti già s. Agostino diceva che: “siamo pellegrini nel tempo” e
questo fatto vale sia per il passato che per il tempo odierno; ma c'è
anche una grande differenza. Quando gli uomini del passato si ritiravano
nel deserto affermavano la loro libertà primaria, viva e nuda, perché
assumevano uno stile di vita che vedeva il raggiungimento di una
completa assenza di legami. In qualche modo gli eremiti che si
ritiravano a vivere nel deserto affrontavano un’esperienza di
sradicamento totale.
Gli
eremiti del passato si svincolavano dai bisogni dei loro corpi e dalle
conseguenze delle loro azioni passate, ma anche dai disagi provocati dal
contatto con l’anima dei loro simili. Il loro cammino verso Dio
comportava l’annullamento della precedente identità e la totale
auto-ricostruzione di sé. Invece, il mondo moderno è diventato molto
ostile ai pellegrini, perciò chi si trova ad affrontare l'esperienza del
pellegrino nel mondo odierno, trova ben poche occasioni di poter
preservare la sua identità. In un mondo come il nostro, in cui le
identità possono essere indossate e dimesse con la stessa velocità
dell’attore che fa molti cambi di costume per esigenze di scena, il
lavoro di costruzione di sé diventa un compito molto difficile.
Una
vita da pellegrino, nel mondo moderno, diventa un vero orrore perciò
questa scelta di vita non risulta mai una scelta vincente, conclude
Bauman. Le regole del gioco cambiano sempre, perciò la strategia
vincente è quella di giocare velocemente e di chiudere la partita prima
possibile. Chiudere velocemente significa rinunciare agli impegni,
significa rifiutarsi di stabilizzarsi, significa non vincolarsi a nessun
luogo, non giurare perseveranza e non assumere impegni di fedeltà verso
nessuno.
Ma
significa anche non controllare il futuro, significa rifiutarsi di
ipotecarlo, perciò significa rinunciare alle responsabilità e comporta
di abolire il tempo e di vivere solo in un tempo presente e continuo.
Bauman dice che, nel mondo post-moderno è avvenuto tutto ciò, perché
sono scomparsi i lavori che consentivano di poter fare progetti per il
futuro, e il mercato fluttua e cambia a velocità incredibile per cui
restiamo completamente disorientati dai mercati che appaiono e che
scompaiono a velocità impensabile. La stabilità e la fidatezza dei
rapporti umani hanno le stesse caratteristiche, infatti l’amore stona
qualora sia pensato “per sempre” poiché “l’unico e il solo” sono
elementi troppo stonati per l'amore che è entrato in vigore in questi
tempi moderni.
Nessuna strategia di vita stabile e coesa può essere costruita nel mondo post-moderno, infatti si indicano come “vincenti” solo
le strategie in cui si invita a non programmare, e un fatto omologo
avviene in ogni ambito della nostra vita. A tutto ciò si aggiunge la
regola di non procrastinare quando si può ottenere qualcosa, perché
tutto il mondo è diventato “un attimo fuggente.” Nessuno di questi stili
di vita si può ritenere originale, tipico oppure inventato nei tempi
moderni, ma la cosa più rilevante è che tutte queste caratteristiche, in
passato, erano tipiche solo di frange di marginali, mentre invece oggi
sono diventate stili di vita adottati dalla maggioranza delle persone.
Tutte
le società producono stranieri, scrive il grande sociologo, perché
diventano stranieri tutti quelli che non si conformano alle modalità
uniche e irripetibili che vengono affermate e promosse socialmente.
Tutti quelli che riescono a sradicare le convinzioni morali, estetiche e
cognitive della società in cui sono inseriti diventano degli elementi
di disturbo, perciò diventano degli elementi che diffondono l'ansia e la
preoccupazione. Tutti costoro diventano degli ostacoli sulla via della
realizzazione di una condizione di benessere personale, e la linea di
confine che demarca lo spazio che c'è tra “me” e lo “straniero” devono
essere molto tangibili e ben visibili.
Questo
è il motivo per cui tutte le società conosciute creano degli
“stranieri” cioè degli “individui destinati a rimanere ai margini”
ovvero al di fuori degli “schemi di una esistenza ordinata e dotata di
senso.” E tutti questi esclusi, in seguito, verranno accusati di causare
i disagi più fastidiosi e insopportabili della società, per cui
diverranno i “capri espiatori” dei disagi della società. In realtà, la
causa della dimensione dell’incertezza andrebbe vista dietro l'intero
sviluppo del mondo attuale, perché l’incertezza proviene dalla
deregulation universale che vede l'affermarsi della competizione di
mercato spinta fino all’eccesso, nella libertà sconfinata che si concede
al capitale a scapito di tutte le altre libertà.
L’incertezza
moderna proviene dallo smantellamento dello stato sociale che comporta
un aumento esponenziale di masse di poveri che sono costretti a vivere
al di sotto della soglia di povertà. E l'unica novità che riguarda la
modernità se la paragoniamo alla condizione del mondo del passato, dice
Bauman, è che tutto questo non è più limitato solo al "terzo mondo" ma
che, tutto questo, attualmente sta avvenendo anche nella parte
“civilizzata” del mondo. La morte di Bauman ci vede privati di un grande
maestro e i veri maestri sono diventati sempre più rari e preziosi, per
cui dovremmo ritenerci fortunati di averne avuto, tra noi, uno del suo
livello.
Buona erranza
Sharatanfonte: http://lacompagniadeglierranti.blogspot.it/2017/01/e-morto-zygmunt-bauman.html
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