Il 9 marzo, il presidente degli USA Barack Obama dichiarava il Venezuela “minaccia inusuale e straordinaria alla sicurezza nazionale degli USA“, invocando l’International Emergency Economic Powers Act
(IEEPA) contro il Venezuela. Altri Stati che attualmente subiscono
l’IEEPA sono Iran, Myanmar, Sudan, Russia, Zimbabwe, Siria, Bielorussia e
Corea democratica. Obama quindi imponeva sanzioni contro sette
dirigenti venezuelani tra cui Justo Jose Noguera Pietri, presidente
della Società venezuelana della Guayana (CVG) e Katherine Nayarith
Haringhton Padron, pubblico ministero che persegue i golpisti. Il
Presidente venezuelano Nicolas Maduro rispondeva bollando le
dichiarazioni di Obama come “ipocrite“, affermando che gli Stati Uniti sono la massima minaccia al mondo.
“Voi siete la vera minaccia che ha creato Usama bin Ladin… Difendi i diritti umani dei cittadini statunitensi neri uccisi nelle città degli Stati Uniti ogni giorno, Obama. Ho detto ad Obama, come vuoi essere ricordato? Come Richard Nixon che spodestò Salvador Allende in Cile? Come il Presidente Bush, responsabile del tentato spodestamento del Presidente Chavez?… Beh il presidente Obama già ha fatto la sua scelta… sarà ricordato come il presidente Nixon. The Wall Street Journal ha scritto che è arrivato il momento di chiamarmi tiranno, rispondo: Sarei un tiranno perché non mi lascio rovesciare? E se mi lascio rovesciare sarei un democratico? Il popolo dovrebbe consentire l’installazione di un “governo di transizione”, eliminando la Costituzione? Non lo permetterò e, se necessario, mi batterò per le strade con il nostro popolo e le nostre forze armate. Vogliamo pace, stabilità e convivenza. Che farebbe il presidente Obama se un colpo di Stato venisse organizzato contro il suo governo? Chi persiste in attività terroristiche e colpi di Stato è fuori dalla Costituzione, va arrestato e giudicato, e se anche Wall Street Journal o New York Times mi chiamano tiranno, non si tratta di tirannia, ma della legge”.
Il 28 febbraio, dopo che un pilota
statunitense veniva arrestato vicino al confine colombiano, ed insieme a
quattro ‘missionari’ statunitensi accusato di spionaggio e di
organizzazione del colpo di Stato
in Venezuela, venivano annunciate nuove misure come l’imposizione
dell’obbligo di visto ai cittadini statunitensi che entrano in
Venezuela, la riduzione del personale dell’ambasciata degli Stati Uniti e
la creazione di una “lista antiterrorista” di individui cui viene
proibito l’ingresso in Venezuela, comprendente l’ex-presidente George W.
Bush, l’ex-vicepresidente Dick Cheney, l’ex-direttore della CIA George
Tenet, i congressisti di estrema destra Bob Menendez, Marco Rubio,
Ileana Ross-Lehtinen e Mario Diaz-Balart, tutti accusati di “violazione
dei diritti umani”. Gli Stati Uniti infatti hanno avuto un ruolo diretto
nel tentativo di colpo di Stato sventato a febbraio. Il Presidente
Maduro ricordava che il finanziatore del golpe fallito, Carlos Osuna, è
“a New York protetto dal governo degli Stati Uniti“.
Maduro aveva anche chiesto l’adozione di “una legge speciale per mantenere la pace nel Paese“, che una volta concessa dall’Assemblea Nazionale permetterà una
“legge antimperialista per prepararsi ad ogni scenario e vincere“.
Dopo la decisione di Obama, il presidente della Bolivia Evo Morales
convocava a Quito una riunione d’emergenza di UNASUR (organizzazione che
rappresenta tutte le nazioni Sudamericane) e CELAC (Comunità allargata
latino-americana e caraibica),
“dichiariamo lo stato d’emergenza in difesa del Venezuela che affronta l’assalto di Barack Obama. Difenderemo il Venezuela, poiché l’impero tenta di dividerci, per controllarci politicamente e derubarci economicamente“.
Il Presidente Correa esprimeva il
“più fermo rifiuto della decisione illegale e extraterritoriale contro il Venezuela, che rappresenta un attacco inaccettabile alla sua sovranità“. “Come il Venezuela minaccia gli Stati Uniti? A migliaia di chilometri di distanza, senza armi e senza risorse strategiche o personale che cospiri contro l’ordine costituzionale statunitense? Tale dichiarazione fatta nell’anno delle elezioni legislative in Venezuela rivela la volontà d’interferenza della politica estera statunitense“,
dichiarava il
governo cubano. Quindi gli Stati membri dell’Unione delle nazioni
sudamericane (UNASUR): Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Colombia,
Ecuador, Guyana, Paraguay, Perù, Suriname, Uruguay e Venezuela esibivano
un rifiuto unanime della posizione di Washington verso il Venezuela,
esortando a valutare e attuare
“il dialogo con il governo del Venezuela sulla base dei principi della sovranità dei popoli“.
L’UNASUR continua la missione a sostegno del
“dialogo politico più ampio con tutte le forze democratiche in Venezuela, nel pieno rispetto dell’ordinamento costituzionale, dei diritti umani e dello stato di diritto“.
In precedenza una delegazione della UNASUR
s’era recata a Caracas per indagare sul tentativo di colpo di Stato del
12 febbraio. A seguito di questo lavoro, il presidente di UNASUR,
l’ex-presidente colombiano Ernesto Samper respingeva qualsiasi
interferenza esterna e consigliava l’opposizione a dedicarsi alle
elezioni e non alle violenze,
“UNASUR ritiene che la situazione interna in Venezuela debba essere risolta con i meccanismi della Costituzione venezuelana” offrendo pieno sostegno come osservatore alle prossime elezioni, quest’anno, in Venezuela, “convinto dell’importanza per UNASUR di mantenere l’ordine costituzionale, la democrazia e la permanenza totale dei diritti umani fondamentali“.
Il 12 marzo il Ministero degli Esteri russo esprimeva solidarietà al popolo venezuelano contro
“l’aggressiva pressione politica e le sanzioni di Washington verso Caracas e il suo governo democraticamente eletto. Siamo consapevoli, con grande preoccupazione, dell’aumento dei tentativi di destabilizzare il Venezuela, un Paese legato alla Russia da molti stretti legami di amicizia e da un’associazione strategica“,
sottolineando che la dichiarazione di emergenza nazionale del governo degli Stati Uniti contro il Venezuela è
“una minaccia per la stabilità democratica del Paese e può avere gravi conseguenze sulla situazione in America Latina nel suo complesso. Allo stesso modo, Mosca si oppone completamente ad ogni forma di violenza e ai colpi di Stato come strumenti per rovesciare i legittimi governi di Stati sovrani“.
Nel frattempo il Ministro della Difesa Sergej
Shojgu accettava l’invito dell’omologo venezuelano Vladimir Padrino
Lopez, di far partecipare la Russia alle esercitazioni militari delle
forze venezuelane. In effetti il 14 marzo, il Ministro della Difesa
Popolare del Venezuela Padrino López riferiva che oltre 100000 persone
partecipavano alle esercitazioni militari Escudo Nacional in sette delle Regiones Estratégicas de Defensa Integral
(REDI) del Venezuela, a cui partecipavano le Forze Armate Nazionali
Bolivariane (FANB), la Milizia Nazionale Bolivariana e volontari civili.
L’obiettivo era rafforzare sul piano operativo Esercito, Marina,
Aeronautica e Guardia Nazionale del Venezuela. Le REDI sono attive ad
Aragua, Carabobo, Miranda Vargas, Yaracuy e Distrito Capital; Delta
Amacuro, Monagas, Sucre e Nueva Esparta; Falcon, Lara, Trujillo, Mérida,
Táchira e Zulia; Bolívar e Amazonas; Apure, Portuguesa, Barinas,
Cojedes e Guárico; Ande e Regione Marittima Insulare.
Riferimenti:
Correo del Orinoco
Global Research
Mondialisation
Mondialisation
Nsnbc
Nsnbc
Reseau International
Reseau International
Russia Insider
Correo del Orinoco
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Nsnbc
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Reseau International
Reseau International
Russia Insider
Alessandro Lattanzio,
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